Alberto Pezzini
Jon Krakauer è uno scrittore affascinato
da storie di eroi contemporanei, di uomini dei nostri giorni ma con un cuore
grande. Lo aveva già fatto in Nelle terre
estreme, dove aveva raccontato la storia di Chris Mc Candless, un ragazzo che
buttava la propria laurea e la propria esistenza per ritrovare un primigenio
contatto con la natura scoprendo invece una morte di ghiaccio puro. Lo fa
ancora una volta con Pat Tillman, il Ranger che muore nell’aprile del 2004, il
22 del mese per l’esattezza, in Afghanistan, per mano di un tragico “fuoco
amico” con il libro Dove gli uomini
diventano eroi (Corbaccio, pp. 459, euro 18,60, trad. di Marco Sartori). Pat
è un bellissimo ragazzo con occhi di ambra contagiosa alla vista, e un fisico
tumultuoso da estremo difensore degli Arizona Cardinals, una squadra di
football americano neanche troppo famosa. Una sorta di serie B del calcio,
praticamente. A vent’anni questo ragazzo che incantava tutti per i propri
virtuosismi nella zona della difesa, diventa una sorta di star del
football. E lo diventa nel preciso momento in cui rifiuta un contratto da
tre milioni e fischia di dollari per restare dentro gli Arizona Cardinals dove
– dice – si sentiva a casa e dove “loro” avevano per primi creduto in lui. Il
suo procuratore gli strilla al telefono che perderà un’occasione irripetibile,
unica, una vita diversa. Pat, scorpione di novembre, non sente ragioni e se ne
frega. Resta dove ha deciso che la sua vita debba andare. In effetti il suo
carattere volitivo aveva già avuto modo di dimostrarlo anche prima,
giovanissimo.
Quando gli dissero che non avrebbe potuto giocare a baseball, fece rotta come
una nave corazzata sul football. Partiva da un handicap. Era piccolino, e non
aveva un fisico muscolato come quello tipico del giocatore di football. Non ci
fu nulla da fare. Cominciò un allenamento di pesi per sviluppare la massa e le
fasce muscolari apposite, e si trasformò in un placcatore da paura. Riusciva a
intercettare bestioni molto più grossi di lui, e li buttava giù. Aveva una
sorta di visione “in profondità” del campo e della difesa. Riusciva a vedere le
traiettorie come fili invisibili. La sua forza stava anche in questo. Dopo l’11
settembre del 2001, Pat è sconvolto nel profondo. Medita, rimugina, pensa su
ciò che è accaduto a New York. Parla con sua moglie, e parla moltissimo con suo
fratello Kevin. Ne viene fuori una decisione a sorpresa, un fuori sacco
maledetto. Pat decide di “mollare” il football, una vita fatta di razzi in
cielo e sciate in Colorado, risate, bevute, una felicità spessa un dito
insomma, per andare in una guerra in un momento in cui chiunque – nelle sue
condizioni – non ci avrebbe neanche pensato. Si arruola. Nei Rangers, un corpo
speciale, dove il coraggio, la virtù, la lealtà e la fratellanza sono le luci
che brillano dentro il tempio. L’allenamento fisico è duro da far male, anche
per lui. Non si tira indietro in niente ed il suo carattere volitivo, leale e
supersimpatico ne fanno subito un beniamino. Pat scrive un diario, in quel periodo,
e confessa alla moglie Marie di essere molto fortunato ad aver potuto sfruttare
un’occasione come quella. Dice di aver davvero compreso di avere conosciuto ciò
che aveva dentro di sé, un’anima da toccare con le dita.L’epilogo è rosso sangue, e metallico come il suo sapore. Pat muore durante uno scontro per mano dei suoi colleghi amici i quali non lo
riconoscono e lo uccidono con raffiche micidiali esplose da circa dieci metri
di distanza. La notizia è un urto, un urlo in un deserto. L’amministrazione
Bush – che aveva cercato cicicamente di sfruttare al massimo l’eroe del
football e farne un esempio di patriottismo da mandare sui rotocalchi – non
accetta secondo giustizia l’episodio e lo deforma come dentro uno specchio. E –
ciò che più conta – getta un manto gelatinoso sulla verità. Ottiene soltanto di
intorbidare un pezzo di cielo nazionale, e di offendere un coraggioso. Eschilo
diceva che in guerra la verità è la prima delle perdite. Si deve alla
cocciutaggine di sua madre, alla tenacia della moglie e di tutta la sua
famiglia, se la verità è venuta a galla lentamente. Nei rapporti scritti per
circa tremila pagine sulla morte di Pat si registra una sorta di omertà
omogenea, una colata di melassa in cui si perde l’orientamento. Di tutto quanto
accadde alla fine venne accusato un generale in pensione, e oggi esiste un
libro completo dedicato a un uomo gentile e forte.
Scritto con un piglio narrativo eccezionale, in esso Krakauer riesce a
descrivere l’Afghanistan usando una lente color verità, coltivando una ricerca
quasi scientifica di come andarono veramente le cose. Un eroe del football che
non si lasciò superare dalla vanità: forse lo ferì un orgoglio troppo simile a
quello degli dèi?
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