Chiara Coco
Tutto inizia in quel di Nizza Monferrato, vicino Asti, nel corso della manifestazione enogastronomica “Nizza è Barbera”. In questo tipo di sagre sono tre le regole fondamentali da osservare: resistere alla folla; riuscire a prendere qualcosa da mangiare; trovare un posto per sedersi. Da veri strateghi, dislocandoci in diverse direzioni della piazza, alcuni riescono a impossessarsi di un piatto, altri conquistano un buon bicchiere di vino, mentre due di noi difendono minacciosi la metà di uno di quei tavolacci di legno con lunghe panche annesse senza le quali, diciamolo, le feste di paese non risulterebbero così deliziosamente rustiche. Sediamo quindi tutti insieme a questo tavolo formulando brindisi e, tra ravioli al barbera e una porzione di carne cruda con litri di limone, iniziamo a parlare fitto tra noi, non prestando alcuna attenzione alla curiosità dei nostri vicini di tavolo.
Sto parlando a mio fratello del nuovo libro di Pasquale Chessa, L’ultimo
comunista. La presa del potere di Giorgio Napolitano (edizioni
Chiarelettere, pp. 256, euro 13,90). Tento di riassumere gli aspetti più
curiosi di questa attenta biografia che ha il merito di porre in luce alcuni
tratti del percorso politico di “Re Giorgio” che egli efficacemente saputo
anche rivedere e superare, senza mai giungere a rinnegarli. Mi tornano in mente
le esclamazioni di mia madre in quel lontano 2006: “È Presidente uno del Pci!”.
In questi anni avevo dimenticato che la sua prima elezione aveva avuto un
significato di rottura con un passato pesante, fatto di lotte intestine; con
Napolitano si poteva finalmente girare pagina verso una nuova epoca di
cooperazione. Quando il neo-Presidente nel suo discorso d’insediamento disse:
“Sarò il presidente di tutti” ricordo di aver provato una grande commozione,
“Di tutti” pensai,” Proprio di tutti gli italiani”. Ebbene un settennato è
trascorso e un altro è iniziato, ancora all’insegna di un evento straordinario
con la seconda elezione per la prima volta in Italia dello stesso Presidente della
Repubblica. Ma se con la prima molti avranno pensato davvero a uno
svecchiamento della politica, con la seconda possiamo constatare la prevalenza
della mediazione e della ricerca di un’intesa tanto ampia quanto precaria tra
le forze politiche.Di tutto questo discuto con mio fratello quando mi accorgo che il vicino ha
ascoltato tutto e, con aria sorniona attacca compiaciuto: “Vi devo fare i
complimenti! Io sono di sinistra, ma sentire parlare uno di destra con queste
argomentazioni è un piacere”. “Di destra io? Di destra io?” vorrei esclamare
indignata e, alla Mario Brega in Un sacco bello, vorrei urlare
alzando prima un pugno e poi l’altro: “Io non sono di sinistra così, sono di
sinistra cosìììììì!!”. Mio fratello, invece, sorride e ha ragione: tutto questo
non ha più senso da molto ormai. Quando faremo prendere ossigeno alle nostre
idee, quando si riuscirà a concepire una politica critica, che vola alto, senza
ridurre il tutto alle categorie vuote di un bipolarismo asfittico che ci fa
sprofondare?
twitter@Chiara_Coco
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