Annalisa Terranova
Ma Berlusconi
spariglia a Roma oppure no? E Alfio Marchini sarà un potenziale competitor di
Renzi o il coprotagonista di un patto del Nazareno capitolino? Tutte domande
legittime mentre la campagna elettorale finalmente entra nel vivo nella
Capitale sgomberando il campo da vari equivoci tra cui il primo e più
importante consisteva nell'illusione che il centrodestra potesse tornare unito e vincente come un tempo.
In parte, va detto,
Berlusconi è stato costretto all’abbandono della candidatura di bandiera per la
fuga dei quadri romani verso Fratelli d’Italia che metteva a repentaglio
persino la possibilità di formare una lista. Certo, l’opzione Marchini può
trasformarsi in una scelta di strategia: costruire un’area di moderati
riformisti per attrarre quell’elettorato indisponibile a seguire la deriva
lepenista della destra salviniana. Ma quell’area è già presidiata da Matteo
Renzi. Per vedere, allora, se Alfio Marchini potrà aspirare ad essere davvero
alternativo al premier bisognerà vedere quanti romani sono disposti a puntare
su questa scommessa. Roma è una città che riserva grandi sorprese: tutti
ricordano l’exploit di Gianfranco Fini, imprevisto e imprevedibile, alle
comunali del ’93. La campagna elettorale comincia solo ora: Marchini dovrà
barcamenarsi non poco per non farsi stringere nella morsa dell’abbraccio
soffocante del Cavaliere, Virginia Raggi ha il problema di dover parlare di
politica oltre a invocare onestà e legalità, Giachetti dovrà faticare per
occupare un posto sulla scena dopo essere stato messo in ombra dagli ultimi
eventi (oltre che dai sondaggi) e Giorgia Meloni dovrà stare attenta a non
calibrare la polemica solo nell’area della destra, per non portare fino in
fondo lo scollamento tra le lacerazioni dell’area ex-An e i veri interessi dei
cittadini romani.
Oggettivamente è insostenibile la tesi che la
candidatura Marchini sia di “sinistra” e che sia la più conveniente per Renzi
(al quale semmai conveniva molto di più che Bertolaso restasse in campo).
Marchini rappresenta invece quel civismo post-ideologico e imprenditoriale che
può funzionare per aggregare l’elettorato deluso dai partiti (con Luigi
Brugnaro, a Venezia, ha funzionato). Certo attorno a lui si agitano personaggi
come Gianfranco Fini, Gianni Alemanno e Francesco Storace. Il primo, che forse
dovrebbe un po’ contenere gli applausi per il Cavaliere di cui è stato fiero
oppositore, può rivendicare una certa coerenza, in quanto appoggiava Marchini
già alle precedenti comunali romane. Più difficile per gli altri due dare
valenza politica a una scelta che va inquadrata come unica alternativa
possibile all’esclusione da Fratelli d’Italia, movimento cui viene imputata –
almeno a Roma – un’impronta comunitaria che a volte sfocia nel settarismo. Ma
questi sono aspetti tutto sommato marginali. Solo se Marchini riuscirà ad
andare al ballottaggio, sconfiggendo l’ipotesi da molti temuta – e cioè una
vittoria di Virginia Raggi già al primo turno – si potranno pesare le
conseguenze sugli equilibri futuri del centrodestra il cui leader quasi
ottantenne aveva già prescelto come delfino un politico come Angelino Alfano,
le cui caratteristiche certo non combaciano con un Salvini che va in conferenza
stampa con la ruspa giocattolo.
E oltre agli
equilibri si potranno vedere i risultati e definire le ricette più convincenti:
il presidio dell’area di protesta a Nord con la Lega e al centro-sud con
Fratelli d’Italia non è una formula spendibile come alternativa di governo. E
il centrodestra nacque nel ’94 con queste ambizioni. Non era pensabile, in
fondo, che un elettorato che aveva raggiunto il 38% (risultato dell’asse
Berlusconi-Fini nel 2008) potesse interamente ripiegare sulle parole d’ordine
della Lega in un quadro complesso come l’attuale sia a livello internazionale
sia nel contesto della dialettica con Bruxelles. Certo, il vento populista
soffia fortissimo in tutta Europa, e non solo all’ombra del Colosseo e finora
le risposte “moderate” hanno rappresentato inconcludenti balbettii. Anche per
questo la sfida romana è di cruciale importanza: doveva essere una sfida tra
Raggi e Giachetti, era diventata una sfida tra Raggi e Meloni. Ora l’abilità di
Marchini sta nel farla diventare una sfida tra lui da una parte, e Raggi e
Meloni dall’altra. Ci riuscirà?