Mariagloria Fontana
È uscito questa settimana Carte segrete il libro-intervista di Goffredo Bettini curato da Carmine Fotia. "Ho voluto raccontare la mia verità attorno alla storia e alla battaglia di Roma".
L'uomo che fu tra gli ideologi e i fondatori del Partito democratico e che fu essenziale per Rutelli come per Veltroni con l'invenzione di quella politica della città definita Modello Roma, sulla sconfitta del 2008 alle comunali dichiara: "è stata una stagione durata quindici anni e una fase così lunga non fallisce, si esaurisce. Nel 2008 abbiamo perso Roma, perché non siamo riusciti ad avere quella capacità sufficiente di innovazione nel programma e nelle persone che è vitale per amministrare la città. Abbiamo avuto una sorta di sicumera, troppa certezza di vincere".
Bettini ha basato la propria politica sulla cultura, anche a lui si devono il Festival del Cinema di Roma e l'Auditorium Parco della Musica. Sul fatto che la destra non sia in grado di offrire una cultura alternativa alla sinistra, detentrice da sempre di questo primato, ha le idee chiare: "La destra non ha la capacità di gestire la cultura, ha un atteggiamento refrattario, perché la cultura è dialogo, comunicazione, apertura all'altro, sensibilità. Tutte cose lontane dalla destra che si fonda sulle gerarchie, sul riflesso d'ordine, che non dà alcuna sicurezza come abbiamo visto a Roma, però è un modo di essere della destra che non favorisce il nutrimento della cultura".
Il rapporto con Walter Veltroni. "Con Veltroni c'è ancora sintonia umana e ideale. Naturalmente abbiamo anche avuto dei momenti di dissenso politico. Dopo il risultato delle politiche del 2008, che considerai una mezza vittoria e non una sconfitta, non condivisi la sua scelta di non andare ad un congresso di battaglia politica che ci avrebbe permesso di analizzare quel risultato e rilanciare il progetto originario del Pd. Si scelse la strada della coabitazione delle correnti che è stata la morte del Pd, l'esaurirsi della sua spinta originaria, che portò Veltroni a dimettersi di lì a poco".
La politica intrapresa dal Pd nel dopo-Veltroni per l'ex Presidente dell'Auditorium della Musica di Roma è stata esiziale. "Si è moltiplicato il fenomeno dei personalismi, delle cordate di potere locale e ciò ha allontanato moltissime energie dal Pd. Tutto questo ci ha portati sino alle scene drammatiche e dolorose di divisione sull'elezione del presidente della repubblica e anche ai franchi tiratori".
Sul Governo Letta e le larghe intese non ha dubbi: " si tratta di uno stato di necessità causato dagli innumerevoli errori compiuti dal Pd. Sono convinto che si basi un'alleanza innaturale che non avevamo cercato e che non durerà, perché ha un ordigno dentro di sé che da un momento all'altro potrebbe esplodere: Silvio Berlusconi".
Il rinnovamento per il prossimo congresso del Pd auspicato da D'Alema per Bettini non è fatto di volti nuovi o almeno non solo di quelli: " Vorrei che fosse un congresso basato sui contenuti, sulle idee. Il nuovo Pd deve diventare un grande campo che riunisca tutte le forse democratiche del centrosinistra che superi gli steccati dei tanti partiti che sono solo funzionali alla conservazione dei gruppi dirigenti che li guidano, ma non rappresentano il sentimento del popolo democratico.
Dobbiamo però fare in modo che questo campo non venga dominato, colonizzato da tutte queste correnti, sottocorrenti, organizzazioni a canna d'organo, ma si affidi a procedure democratiche che vengono dal basso, dalle persone nella loro responsabilità singola e dai cittadini".
Per Bettini, il sistema politico attuale si basa su una concezione di potere autoreferenziale e autoconservativa: "Non solo il Pd, ma tutta la politica italiana è improntata su un sentimento di conservazione del proprio potere. Questo non aiuta a creare un rapporto fra i cittadini e i politici. I cittadini oggi si sentono molto soli, c'è un dolore e una solitudine che devono trovare il modo di confrontarsi attraverso la politica per costruire un progetto comune. È una grande operazione di riforma della società che non può partire solo dal Governo, ma deve coesistere con una una nuova forma partito che vada a calcomania sulla gente e sul suo modo di vivere. Una nuova forma partito che dia abitabilità e sia abitata dalle persone".
Si affranca dal Pd. "Prendo nettamente le distanze da questo Pd. Parteciperò al prossimo congresso e farò battaglia per costruire un altro partito democratico. Già tre anni fa scelsi la mia strada in completa solitudine e fuori da ogni incarico politico e istituzionale. Adesso tutti prendono le distanze anche in maniera ingenerosa verso Bersani, che sembra il solo responsabile di ciò che è accaduto, ma sappiamo che non è così. C'è stata una forte alleanza, un gruppo dirigente, intorno a Bersani, che è responsabile collettivamente".
Sui nuovi dissidenti. "Nutro rispetto per le critiche, le testimonianze di insofferenza, però mi pare che Civati abbia partecipato nel corso degli anni passati alla vita del partito e in collocazioni abbastanza altalenanti: prima con Renzi, poi contro Renzi , poi avvicinandosi al gruppo dirigente e, infine, distaccandosene. La coerenza in politica è un valore".
L'ex braccio destro di Veltroni ha un rimpianto che riguarda il Pd, quello di non essere andato alle elezioni dopo le dimissioni di Silvio Berlusconi. "Fu un errore molto grave del partito. In quel momento di debolezza di Berlusconi dovevamo unire tutte le forze democratiche che avevano rotto con il populismo berlusconiano e mettere a riposo Berlusconi non attraverso l'azione giudiziaria, politicamente discutibile, ma attraverso la politica e il consenso. Dopo questa alleanza tra sinistra e moderati avremmo vinto e ci saremmo avviati verso una legislatura costituente in grado di affrontare la tempesta dei mercati, la crisi economica e finanziaria per poi fare le riforme istituzionali urgenti e, infine, tornare a votare. Però in un bipolarismo più civile e più moderno. Magari fondato anche su quelle forze che si erano formate nella fase costituente".
(articolo tratto da Huffington Post per gentile concessione dell'autrice)
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