Giuseppe Mancini
Il 15 maggio, Ankara ha ospitato il “Vertice trilaterale dei
Balcani”: a cui hanno partecipato il padrone di casa, il presidente Abdullah
Gül; il presidente della Serbia, Tomislav Nikolic; i tre membri della
presidenza collettiva della Bosnia Erzegovina, Bakir Izetbegović, Željko Komšić
e Nebojša Radmanović. La dichiarazione finale è la riaffermazione – convinta e
operativa – di una volontà di maggiore cooperazione regionale, di una comune
prospettiva europea, di progetti condivisi di rilevanza culturale ed economica:
e proprio il giorno precedente – sempre ad Ankara – è stato istituito un
comitato trilaterale per il commercio. “Sono felice di dire che i leader dei
paesi balcanici hanno deciso di lasciarsi alle spalle le agonie e le influenze
del passato, aprendo la strada a una trasformazione delle mentalità oggi
orientate in direzione di un brillante futuro”: queste le parole di Gül
nell'indirizzo di benvenuto del vertice, a cui è stato assegnato l'impegnativo
slogan “costruire il futuro insieme”. E in questa trasformazione, il ruolo
della Turchia è stato determinante.Nella nuova politica estera ideata e poi condotta dal ministro
Ahmet Davutoğlu, infatti, i Balcani ricevono massima attenzione e visibilità:
l'obiettivo dichiarato è quello di ripristinare i legami di epoca ottomana –
culturali, economici e politici – recisi con la fine dell'impero e la nascita
della repubblica; legami di natura diversa, oggi paritaria e condivisa: per
questo motivo il capo della diplomazia di Ankara ha sempre respinto la
definizione di “neo-ottomanismo” data al suo approccio, che suggerisce –
erroneamente – pulsioni imperialiste. Davutoğlu ha assunto le funzioni ministeriali
il 1° maggio 2009: e già dal mese successivo la Turchia – per un anno intero –
ha assicurato la presidenza del “Processo di cooperazione dell'europa
sud-orientale (Seecp, nell'acronimo inglese), dandole nuovo slancio: come
dimostra la “dichiarazione di Istanbul” – del 23 giugno 2010 – in cui i dodici
ministri degli esteri degli stati balcanici hanno rivendicato un destino di
pace duratura, di stabilità, di sviluppo economico e sociale – nel pieno
rispetto della democrazia e dei diritti umani.Visite di stato e iniziative di mediazione turche hanno reso per
molti stati la pace e la prospettiva euro-atlantica più vicine. Basti pensare
alla formula capace di riannodare i rapporti frantumati – attraverso incontri
trilaterali – tra Serbia, Bosnia e Croazia: con il primo dei vertici
trilaterali dei Balcani a livello presidenziale – presenti: Gül, il bosniaco
Haris Silajdžić e il serbo Boris Tadić – che si è tenuto a Istanbul il 24
aprile 2010. Quel vertice è stato il preludio al viaggio del premier Erdoğan a
Srebrenica, nel luglio successivo: per partecipare alla cerimonia di
commemorazione del massacro di Srebrenica – nel quindicesimo anniversario –
insieme ai presidenti bosniaco e serbo (dopo aver convinto la Serbia a scusarsi
con formale risoluzione parlamentare).
La visione del ministro degli esteri turco – per “un futuro
migliore nei Balcani” – è basata su alcuni espliciti capisaldi: appartenenza
regionale e inclusività: perché sono gli stati balcanici e non le potenze
esterme a doverlo determinare; integrazione regionale, fondata sulla
cooperazione culturale e la interdipendenza economica; ingresso collettivo
nelle istituzioni euro-atlantiche; posizioni comuni nei grandi raggruppamenti
internazionali politici ed economici (e la Turchia vuole fare da portavoce,
ovviamente). Una “pax ottomana”, ma del XXI secolo. Le premesse di questa visione sono già tutte nel celebre
discorso di Davutoğlu a Sarajevo, del 16 ottobre 2009: rivendicò l'eredità ideale
dell'Impero ottomano fatta d’integrazione multi-culturale e multi-religiosa, di
apertura agli scambi e centralità nell’economia globale dell'epoca, di
circolazione delle élites citando i casi del bosniaco Mehmed Sokolović divenuto
il gran Vizir Mehmet Paša Sokollu e dell'albanese Mehmet Ali divenuto Khedive e
fondatore dell'Egitto moderno. “Come il XVI secolo vide l'affermazione dei
Balcani ottomani in quanto centro della politica mondiale, renderemo in futuro
i Balcani, il Caucaso e il Medio oriente di nuovo il centro della politica
mondiale. Questo è l'obiettivo della politica estera turca: e lo conseguiremo!”
Proprio a Sarajevo si terrà il prossimo vertice trilaterale dei Balcani, nel
2014.
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