Luciano Lanna
Tra
un anno esatto, proprio come oggi, ricorreranno i settant’anni della morte di
Giovanni Gentile, forse il più grande e lucido filosofo italiano del Novecento.
Una figura sulla quale nel corso dell’ultimo ventennio sono progressivamente
caduti i filtri e i pregiudizi che per tanto tempo avevano impedito di
coglierne la centralità teoretica ai fini della comprensione metapolitica della
vicenda del secolo scorso. Soprattutto grazie all’opera esegetica di storici
del pensiero come Augusto Del Noce, Massimo Cacciari, Salvatore Natoli ed
Emanuele Severino, la riflessione gentiliana è stata infatti sottratta alle
gabbie dei luoghi comuni politicistici e all’interpretazione fuorviante di matrice
togliattiana e crociana.
Il
fatto che Gentile sia stato ucciso da un commando partigiano col fine di
colpire simbolicamente l’intellettuale più in vista del fascismo ha purtroppo
portato con sé una lettura condizionata, trasformando, volenti o nolenti, il
filosofo di Castelvetrano da un lato in una sorta di santino neofascista e
dall’altro in un autore “impresentabile” e da non frequentare per l’accademia
che conta. E così la sua importante riflessione, che è – come ha dimostrato Del
Noce – la stessa matrice originaria e indiscutibile del pensiero di Antonio
Gramsci, è stata per anni tenuta lontana dalle aule universitarie delle facoltà
di filosofia, dove si preferì rivolgersi al pensiero heideggeriano il quale,
per quanto prossimo a alcune pagine gentiliane, non affrontava la questione
della modernità con la stessa radicalità di Gentile.
Ma
non c’è solo questo. Permangono infatti altri due luoghi comuni che
condizionano ancora la percezione pubblica dell’opera del filosofo siciliano. Due
luoghi comuni che, in assenza della conoscenza della sua opera, lo relegano “a
destra” oppure ne limitano la portata “politica” al fatto che Gentile sia stato
il firmatario dell’unica grande riforma organica della scuola italiana. Per
quanto riguarda il primo aspetto, va ricordato che il suo pensiero nasce, già
nel 1899, con il confronto diretto con Marx e il marxismo. Augusto Del Noce ha
colto questo momento aurorale dell’attualismo proprio nella pubblicazione del
saggio su La filosofia di Marx, che
venne considerato da Lenin – nel Dizionario
enciclopedico russo Granat del
1915 – lo studio più profondo sull’essenza teoretica del pensatore di Treviri.
Del marxismo, Gentile respingeva infatti l’aspetto datato e positivistico,
ossia il materialismo ottocentesco, ma ne abbracciava in pieno l’ultramoderna
dimensione di “filosofia della prassi”, tesa non più solo a interpretare
metafisicamente il mondo ma a trasformarlo a cambiarlo. L’attualismo gentiliano
non si poneva insomma come una negazione reazionaria e “da destra” del marxismo
ma si prospettava, invece, come una rivoluzione “ulteriore” rispetto a quella marx-leninista,
in grado non di contrapporsi ad essa ma di aggiungere una dimensione tutta
spirituale alla modernità. Per di più, divenuto filosofo ufficiale del fascismo,
Gentile volle ripubblicare il suo libro su Marx nel 1937, nel pieno degli “anni
del consenso”. E nella Dottrina del
fascismo, voce dell’Enciclopedia
italiana scritta a quattro mani con lo stesso leader Mussolini, Gentile
precisava espressamente che nessuno può “pensare di respingere il mondo a
quello che esso era prima del 1789. Non si torna indietro. La dottrina fascista
non ha eletto a suo profeta De Maistre. L’assolutismo monarchico fu, e così
pure ogni ecclesiolatria…”.
D’altronde,
fino al 1922 Gentile – da
filosofo puro – non aveva mostrato particolare interesse nei confronti del movimento
fascista e dell’impegno politico diretto. Poi, il 31 ottobre 1922, all’insediamento
di Mussolini al governo venne nominato da indipendente ministro della Pubblica
istruzione e resta al ministero fino all’inizio del 1924, quando per dimissioni volontarie lascia.
Ma nel giro di un anno, e in assenza di impedimenti di natura parlamentare, ha
modo di attuare una serie di decreti che, nel loro insieme, entrati in vigore nel 1923, definirono quella
riforma della scuola che venne percepita come fortemente innovativa e
rivoluzionaria rispetto alla precedente riforma basata sulla legge Casati, di
più di sessant’anni prima (1859). Una riforma che, di fatto, è rimasta in
vigore sino agli attuali decreti Gelmini. Ha spiegato in proposito Marco
Pannella: “D’altronde Giovanni Gentile era stato presentato fino al 1925 come
pensatore liberale e la rottura col conservatore Croce era dovuta anche a
questo. E la sua riforma scolastica aveva qualcosa di molto laico, c’è insomma
un filone che spiega le cose…”. Lo conferma oggi il filosofo cattolico
Francesco Tomatis, secondo il quale il “fascista” Gentile è stato in realtà
l’unico autore in Italia di una riforma scolastica e universitaria pensata e
attuata “secondo principi liberali ma anche egalitari e persino cristiani”.
L’ultimo
apparente paradosso riguarda il fatto, poco noto, che quella di Gentile fu una
riforma incompiuta, fu purtroppo solo abbozzata quella del suo successore,
sempre fascista, Giuseppe Bottai che avrebbe dovuto portare a compimento la
rivoluzione scolastica italiana. Quella delineata infatti nella Carta della
Scuola del 1939 fu infatti una riforma complessiva del sistema scolastico che
intendeva abolire del tutto i residui ottocenteschi e classisti della scuola
italiana di matrice risorgimentale. Il fascista Bottai proponeva un’evoluzione
popolare e di massa del sistema d’istruzione, proponeva di aiutare realmente
gli studenti meritevoli ma provenienti dai ceti popolari, voleva una scuola
media unificata e la parificazione del liceo scientifico con quello classico,
la fine della scuola che preparava il vecchio ceto dirigente formato sui
classici e diffidente della modernità. Purtroppo, anche a causa dello scoppio
della guerra, rimase sulla carta, a eccezione della legge che creava la scuola
media, triennale, unificando i corsi inferiori di licei, istituti tecnici e
magistrali. Ma quando nel 1962, il centrosinistra di Nenni e Fanfani introdusse
la nuova scuola media si ispirò direttamente a quell’impostazione guardandosi
bene dal dirlo. E anche questo è un altro aspetto censurato che andrebbe
riportato finalmente nella sua giusta luce.
Grazie Luciano!
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