sabato 13 aprile 2013

Elio e le Storie Tese come il Fantozzi della Corazzata Potemkin…


Ivo Germano


“Mitizzare stanca” e su questo non vi è dubbio alcuno… però, però i cinque minuti del “Complesso del Primo Maggio” di Elio e le Storie Tese hanno l’effetto del soffio del ghibli su ogni retorica bolsa e incartepecorita sui megaeventi. Dopo Sanremo Elio e i suoi prendono infatti in giro, e alla grande, un’altra istituzione musicale italiana. Ce l’hanno con  la retorica degli slogan e delle bandiere, con quella della musica folk, con quel miscuglio di reggae, balcanico e rock che al Concertone del Primo Maggio sembrerebbe da qualche anno d’obbligo. Lo fanno col loro ultimo singolo che anticipa il loro nuovo Album biango.
Il Primo Maggio, insomma: un presepe affastellato per generi e categorie che, da parecchi anni, si trascina non rendendo il dovuto omaggio e onore alla giornata dell’uno maggio, al “pane, rose e companatico” della festa del lavoro. Di più: ascoltandola due o tre volte non rimane solo il pallino in mano del genio dada e della monelleria del gruppo milanese, canticchiandola emerge lo sfondamento di un certo immaginario. A replicare la celeberrima invettiva del “Rag. Ugo Fantozzi” contro GuidoBaldo Maria Riccardelli, padronalissimo demiurgo del cineforum della megaditta e l’ennesima replica della “Corazzata Potemkin” che è: “Una cagata pazzesca”. Che pare brutto, bruttissimo dire che annoia e stanca. Mentre, al pari del boom della taranta e di tanti altri tic e vizi, mode culturali spinge, consapevolmente o inconsapevolmente, a dirne bene e mettersi in favore di telecamera o di buona acustica da auditorium domenicale. Nel caso specifico è la musica balkanica che “alla lunga rompe i coglioni”. In mezzo chi valorizza il territorio e gli eponimi del fenomeno delle posse da centro sociale, il folk lacustre del nord, il migrante, il sognatore, l’impegnata e il lato hipster della critica di ragazze, quasi sempre, carinissime a cavalcioni di amici, fidanzati, semplici conoscenti, “servi della gleba”?, tanto per citare un caposaldo dell’irredentismo di genere maschile, cantato da Elio e le storie tese. Da John Holmes a Ameri, dal “supergiovane” a Eugenio Finardi che irrompe nell’ultimo singolo insieme a una strofa che rende onore a Rettore di “Donatella”. Geniale abbecedario del costume nazionale. Chissà quando la canteranno sul palco del Concertone. Sinfonia o rapsodia?


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