Ivo Germano
“Mitizzare stanca” e su questo non vi è dubbio alcuno… però,
però i cinque minuti del “Complesso del Primo Maggio” di Elio e le Storie Tese
hanno l’effetto del soffio del ghibli su ogni retorica bolsa e incartepecorita
sui megaeventi. Dopo Sanremo Elio e i suoi prendono infatti in giro, e alla
grande, un’altra istituzione musicale italiana. Ce l’hanno con la retorica degli slogan e delle bandiere,
con quella della musica folk, con quel miscuglio di reggae, balcanico e rock
che al Concertone del Primo Maggio sembrerebbe da qualche anno d’obbligo. Lo
fanno col loro ultimo singolo che anticipa il loro nuovo Album biango.
Il Primo Maggio, insomma: un presepe affastellato per generi
e categorie che, da parecchi anni, si trascina non rendendo il dovuto omaggio e
onore alla giornata dell’uno maggio, al “pane, rose e companatico” della festa
del lavoro. Di più: ascoltandola due o tre volte non rimane solo il pallino in
mano del genio dada e della monelleria del gruppo milanese, canticchiandola
emerge lo sfondamento di un certo immaginario. A replicare la celeberrima
invettiva del “Rag. Ugo Fantozzi” contro GuidoBaldo Maria Riccardelli,
padronalissimo demiurgo del cineforum della megaditta e l’ennesima replica della
“Corazzata Potemkin” che è: “Una cagata pazzesca”. Che pare brutto, bruttissimo
dire che annoia e stanca. Mentre, al pari del boom della taranta e di tanti
altri tic e vizi, mode culturali spinge, consapevolmente o inconsapevolmente, a
dirne bene e mettersi in favore di telecamera o di buona acustica da auditorium
domenicale. Nel caso specifico è la musica balkanica che “alla lunga rompe i
coglioni”. In mezzo chi valorizza il territorio e gli eponimi del fenomeno delle
posse da centro sociale, il folk lacustre del nord, il migrante, il sognatore,
l’impegnata e il lato hipster della critica di ragazze, quasi sempre,
carinissime a cavalcioni di amici, fidanzati, semplici conoscenti, “servi della
gleba”?, tanto per citare un caposaldo dell’irredentismo di genere maschile,
cantato da Elio e le storie tese. Da John Holmes a Ameri, dal “supergiovane” a
Eugenio Finardi che irrompe nell’ultimo singolo insieme a una strofa che rende
onore a Rettore di “Donatella”. Geniale abbecedario del costume nazionale.
Chissà quando la canteranno sul palco del Concertone. Sinfonia o rapsodia?
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