Francesco De Palo
Un intenso profumo di
Grecia sta, già da tempo, invadendo il nostro paese. Ma analisti superficiali,
giornalisti compiacenti e politici dal fiato corto, hanno epitetato questi
precisi segnali come il catastrofismo di chi non vuol bene all'Italia. Mancando
clamorosamente di certificare, invece, che le sacche di sofferenza che stanno
gridando in Italia tutto il proprio dolore hanno un nome, un cognome e delle
cause determinate. Che, se ancora sottovalutate, così come la diligente
politica biancarossaeverde sta facendo, ci porteranno dritti nelle mani di
troika e memorandum.
Da ieri si sa
ufficialmente che a breve l’Inps potrebbe non pagare le pensioni. Il presidente
Mastrapasqua ha preso carta e penna per suonare ai ministri Grilli e Fornero
l’allarme sui conti dell’istituto di previdenza. Il motivo? L’accorpamento di Inpdap e Enpals sta pesando
non poco sulla cassa, si aggiunga che il patrimonio netto può sostenere una
perdita “per non oltre tre esercizi”, quindi fino al 2015. E dopo?
Già da un anno il
carrello della spesa degli italiani ha subìto la mannaia in stile Grecia, con
minor consumo di carne e pesce, sostituiti dai più economici pasta e pizza. In
flessione anche le visite specialistiche, con almeno il 10% dei cittadini che
scelgono le “file” bibliche alle Asl (gratuite) anziché i costosi ma più rapidi
studi medici privati. Per non parlare del crollo della vendita delle auto e
dell'impennata delle presenze alle mense per poveri. Una realtà del calibro di
Emergency, come lo stesso presidente Gino Strada ha ammesso intervenendo a Otto e mezzo su La7, sta registrando una
sempre maggiore presenza di italiani che chiedono assistenza. Il motivo? I
licenziamenti di massa, la cassa integrazione che non basta, la catena
commerciale che si è spezzata.
I fondi pensione in
Grecia sono stati i primi agnelli sacrificali per ottenere le tranches di prestiti internazionali da
Bce, Fmi e Ue con interessi elevatissimi, perseguendo quella teoria che sta
distruggendo ciò che resta dell'euro secondo cui i debiti della voragine
finanziaria ellenica (e da qualche mese anche cipriota) si debbono coprire con
altri debiti. Che non risolvono a monte il problema, anzi che lo raddoppiano. E’
la linea seguita in queste settimane dal nuovo partito anti euro nato in
Germania, “Alternativa per la Germania”, che non si pone tour court contro l'Ue
o il continente unito per via di preconcetti ideologici. Tutt’altro. Nel suo
comitato fondativo non ci sono grillini, veterocomunisti o rivoluzionari
trozkisti. Bensì ci sono liberali, conservatori, economisti, docenti
universitari, giornalisti e l'ex numero uno della Confindustria tedesca,
convinti che per salvare la sopravvivenza dell'eurozona sia imprescindibile non
salvare la moneta che sta trainando verso il baratro tutti gli stati membri.
Il dramma italico è
racchiuso in questa sottovalutazione colposa del contagio ellenico che ha già
investito i cugini ciprioti. Molti gli economisti che in questo biennio di
default si sono affrettati a sottolineare come l'Italia non sia paragonabile
all'Ellade per via di un tessuto imprenditoriale differente e diversificato,
per via delle piccole e medie imprese che rappresentano il 90 per cento del pil
industriale italiano, per via di una struttura “altra” nelle fondamenta del
paese. Giusto, ma come sottacere i numeri della disoccupazione, i riverberi
della riforma Fornero, i casi Ilva e Sulcis, gli imprenditori che iniziano a
suicidarsi anche in Italia dopo i duemila morti in Grecia negli ultimi 24 mesi.
L’auspicio è che l'elezione del nuovo Capo dello Stato rappresenti un vero e
proprio spartiacque per la politica italiana, e che il giorno dopo inizia
davvero a occuparsi di economia, ripresa e non solo di dirette streaming e di
tagli in stile Imu e Tares.
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