Pier Paolo Segneri
Il comune senso del Potere è un morbo che ha distrutto la politica (quella
con la P maiuscola) in Italia. Come se si trattasse di una micidiale Peste di
manzoniana memoria. Bisognerebbe, allora, evitare la retorica e la demagogia,
ma è difficile riuscire nell’impresa quando ciò che conta è soltanto il Potere
fine a se stesso, cioè il Potere inteso anche come il “lato oscuro della
Forza”. Il comune senso del Potere è quello della cupidigia, dell’affarismo,
dell’arroganza, del cinismo, della prepotenza, delle spartizioni sottobanco,
dell’egoismo. E allora, torna in mente quanto scriveva Leonardo Sciascia, in dialogo
con Davide Lajolo, nel libro Conversazione in una stanza chiusa: “La
mia paura è più della massa davanti ai televisori che della massa sotto un
dittatore. Le tirannie fanno sì che molti individui si sciolgano dalla
massa, ma i televisori no. E poi c’è la parola. Massa. Far massa. In
elettricità, mi pare, non è niente di buono”. La tv di oggi è un gioco di
specchi, in cui ci sono due riflessi opposti che proiettano la stessa immagine
e annullano qualsiasi alterità. È così che viene realizzato il furto del vero
e, di conseguenza, vengono esaltate le menzogne prodotte dall’arbitrio o
dall’illegalità lasciando al verosimile il ruolo di supplenza del vero. In
queste condizioni, ogni critica fatta contro il Potere per il Potere rischia di
diventare un atto retorico, un esercizio demagogico, anti-politico, un suono
sordo di parole svuotate. E’ la sconfitta della Politica.
Per questa ragione, si apprezza ancora di più il tentativo, mai retorico,
compiuto anche da questo Blog come da chiunque vuole alzare il livello del
dibattito politico, approfondire la lettura della fase economica e sociale che
stiamo vivendo, proporre un’analisi non scontata, non dogmatica, non
superficiale. La Politica è proprio qui. Perché la Politica è data,
innanzitutto, dal dialogo e dal contraddittorio, cioè dall’apertura alla
discussione, che diventa anche apertura mentale. Dialogo e contraddittorio con
le pulsioni e le domande della società vere, delle persone reali, senza ricatti
di vecchie appartenenze (che spesso rivelano la logica partitocratica nascosta)
e senza schema imposti dal circuito mediatico (anch’esso viziato di
partitocrazia). I meccanismi partitocratici sono ottusi, sordi, ciechi. Sono
meccanismi che da troppo tempo dominano il Palazzo. Non se ne può più. A gran
parte del ceto politico, parlamentare e dirigente, infatti, manca anche quel poco
di ragionevolezza che permetterebbe di distinguere la differenza che c’è tra il
salto da compiere per un necessario sussulto di dignità e il probabile salto
nel buio verso cui si sta andando. Insomma, il comune senso del Potere ha
ampliato le distanze tra i cittadini e la politica, ha disseminato quasi
ovunque un senso di sfiducia, amarezza, disillusione. Ma la Politica vive di
idee, discussione e progetti. La Politica è impegno civile e civico. La
Politica, con la maiuscola, è memoria, intuizione, proposta, reciprocità,
costruzione del futuro. La Politica è il governo delle cose. E governare
significa prevedere. Se non si sa prevedere, si finisce con l’inseguire gli
eventi invece che governarli. Se tutto si riduce alla spartizione sottobanco
delle poltrone e alla conservazione del Potere, allora siamo a un passo dal
salto nel buio. Il cambiamento reale (non quello propagandato dagli apparati
partitocratici) è, innanzitutto, nel mutamento dei metodi, mutare i costumi,
conquistare spazi di democrazia e di libertà. Ma chi può farlo? E’ soltanto con
il ripristino dell’armonia, con l’arte, l’intelligenza, la creatività,
l’istruzione, la formazione, l’informazione, la conoscenza, il dialogo e la
discussione, che si può ridurre al minimo il rischio che i non pensanti
prendano il sopravvento sui pensanti o, peggio, che la pancia del Paese prenda
il sopravvento sul cuore e la coscienza delle persone.
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