domenica 7 luglio 2013

Serve un nuovo Machiavelli per farci capire il “potere” nel ventunesimo secolo


Riccardo Ponti

Alcuni eventi di quest'ultimo anno inducono a una riflessione sulle modalità di acquisizione e di perdita del Potere nell'odierno mondo globalizzato. Connessi permanentemente 24 ore su 24, tutti noi abbiamo potuto agevolmente “deliziarci” o allarmarci esercitando il nostro “tifo” sui fuochi d'artificio nell'agorà Tahir del Cairo e sullo sbeffeggiamento ad aprile di Dario Franceschini in un ristorante romano. Ma, al di là della superficie, c’è davvero un ritorno delle piazze, delle folle non più solitarie?
Le apparenze sembrano simili a dove tutto ebbe inizio ovvero in quella giornata di metà luglio del 1789 quando una folla di “arrabbiati” diede l'assalto alla Bastiglia, la prigione simbolo dell'oppressione. Non è difficile proseguire con le icone che gli scrigni dell'immaginario ci proiettano mentalmente come le barricate europee del 1848 fino al pavè divelto nel maggio parigino del 1968.
Tuttavia la teoria della piazza in tumulto, dello sciopero generale o l'assalto al Palazzo d'Inverno è sempre restata comunque propedeutica all'instaurazione di diritti costituzionali, alla fiducia nella democrazia, in definitiva alla fede nel giorno X delle votazioni col suo esito nella forma parlamento, come ultima istanza; fosse pure farsa come nei regimi socialisti o in quelli arabi post-coloniali.
Ora è tutto diverso: non è solo l'esercito d'Egitto ma anche le classi dirigenti occidentali a dare l'impressione di volersi disfare del suffragio universale democratico, paradossalmente preferirebbe fare a meno degli elettori, non solo quelli altrui: ne fu un esempio in Italia la defenestrazione (concordata) di Berlusconi nel novembre del 2011. L'astensionismo crescente che si registra ora rispecchia la sindrome Bruxelles, un potere distante dai cittadini, afflitti da una sorta di metafisico senso di colpa per il debito pubblico e che mediante paralizzanti formule pseudo-teologiche sono condannati a tassazioni infernali: del tipo i conti non sono a posto, siete fuori dai parametri, l'Imu non si può abolire, etc etc.


Si sprecano le parole per legittimare là “un colpo di Stato di velluto”, qui “il senso di responsabilità” verso lo Stato che permettono di procrastinare la carica presidenziale o di far subire, senza alcuna procedura democratica, le larghe intese. Forse bisognerebbe aggiungere al testo magistrale di Curzio Malaparte Tecnica del colpo di Stato gli ultimi trucchi emersi dall’attualità, come le 22 milioni di firme egiziane contro Morsi che nessuno ha visto o appurato e dall'altra la storia degli F-35 in cui al Parlamento italiano non spetta più la decisione finale.
Se ci si chiedesse come si prende e si mantiene il Potere magari domandando dove sia andata a risiedere la sovranità nazionale, ci si potrà rendere conto di come in realtà si sia conclusa l'epoca delle classi politiche, della rappresentanza dei partiti e con essi tutto l'armamentario degli eletti e degli eleggibili (legge elettorale, congressi, mozioni, primarie, i meet-up e le espulsioni).
Le vicende interne delle tre forze vincitrici del voto italiano del 25 febbraio risultano assai istruttive. Bisognerà arrendersi alla evidenza che non solo in Egitto ma che anche le democrazie occidentali stanno esalando i loro ultimi respiri delle formalità procedurali di un tempo, del resto non c'è da farsi illusioni nessuno né in Egitto né in Europa né tantomeno in Turchia e in Brasile potrebbe sollevare il pesante tallone che grava sul mondo dal 2008, quando emerse la verità sulle banche. Da lì è mutato il paradigma del dominio: è iniziata apertamente l'era del potere delle oligarchie della ricchezza. Una ricchezza oscenamente prodotta in un circuito che integra sfruttamento schiavistico, raggiri dei derivati, ed inebetimento da brand. I privilegi di quell'1 per cento si confrontano con una massiccia povertà e miseria che i tagli nel welfare degli stati occidentali fa aumentare di giorno in giorno. A questi “dominatori” non serve la politica, come non serve più l'università, il pensiero, sanno che non possono neanche più permettersi di trarre un consenso minimo da parte del restante 99 per cento di popolazione. Basta loro l'imbonimento dai media.


Questa situazione va piuttosto rapidamente verso un inesorabile punto di squilibrio: il malanimo nei confronti della casta, combinato col 60 per cento di disoccupazione giovanile, finirà, secondo un realistico machiavellismo, per generare nelle città una serrata critica pratica. Sarà uguale a ciò che molti prevedono per l'Egitto o invece sarà una rivolta non violenta nel segno di quelle che abbatterono il muro di Berlino, si eviterà come fece Beppe Grillo all'indomani della rielezione di Napolitano di gettare benzina sul fuoco ?
Saranno fantomatiche guerre esterne umanitarie o interne guerre civili di repressioni dei propri cittadini a tentare di far sopravvivere un tale sistema del tutto impossibilitato a soluzioni della crisi mondiale?

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