Sandro Consolato
Giornata piovosissima, ma da ricordare per la
gita sulla Jonica con Rocco e Sonia. La mattina siamo stati a Bivongi, a San
Giovanni Theristis, l’antico luogo di culto bizantino (XI secolo) riportato
alla vita spirituale dall’athonita padre Kosmas (nella foto qui sopra) a partire dal 1994: è l’unico
monastero greco-ortodosso d’Italia fondato, anzi “ri-fondato”, da monaci del
monte Athos. Ci ero stato con Fulvio, greco per parte di madre, un po’ d’anni
fa, rimanendo a pranzo col monaco, accolti con parole omeriche in questo sito
in cui le uniche luci ammesse sono quelle del sole e delle candele. Padre
Kosmas si ricorda bene di me, e ci tratta con un certo riguardo, lamentandosi
di contro delle visite banali dei turisti. E’ invecchiato un po’, appare più
moderato in certi giudizi, ma non ha perso in vivacità. “Voi vi interessavate
delle religioni orientali” mi dice quasi subito, con buona memoria,
aggiungendo: “Io dico: prima guardate l’Oriente vicino, cristiano; poi se non
vi ha soddisfatto andate pure oltre”. Parliamo - un po’ a salti perché arriva
anche altra gente - della Calabria (“è una terra sacra, con una grande forza
spirituale, ma ai calabresi lo spirito non interessa, pensano ai consumi”), dei
rapporti Ortodossia-Cattolicesimo (“da noi si ha paura, perché hanno sempre
voluto conquistarci”), dell’ingresso in Europa della Turchia (“forse finirà per
esserci una divisione, una Turchia spaccata in due”). Rocco gli fa sapere che è
stato sul Monte Athos, e che ricorda un tale padre Stefan: "E' morto”, risponde
sbrigativo. Quando poi gli chiede dell’esicasmo, la risposta è identica a
quella che diede a me al primo incontro: “Tanti vogliono sapere dell’esicasmo,
ma lo prendono come uno yoga. L’esicasmo è un approfondimento della
spiritualità… bisogna avere la spiritualità!”. Aggiunge che la vita del monaco
è la preghiera, e che la preghiera continua è come la dose di droga giornaliera
del monaco. “Bisogna continuamente mortificare i pensieri con la preghiera”
spiega. La Chiesa latina avrebbe perso il senso della preghiera, della mistica,
a causa del razionalismo filosofico, figlio di un’ubriacatura di aristotelismo.
Trova un sintomo classico del degrado spirituale le chiese moderne: “Si chiama
a Roma a costruire una chiesa un ebreo americano… che c’entra?” ripete più
volte. Andando via, in macchina, guardo il catechismo ortodosso datoci da padre
Kosmas: è pieno di invettive storico-dottrinali contro i “Franco-cattolici”…
Pranziamo a Stilo, dopo esser arrivati con la
macchina fin sotto al bel monumento a Campanella, di sapore massonico. E mi
viene in mente che il monte Consolino, luogo di eremitaggio degli antenati
spirituali di padre Kosmas, quando la Calabria era la “Tebaide d’Occidente”, è
legato pure ad esperienze ermetiche dell’autore de “La Città del Sole”. Anche
la pizzeria è intitolata al frate domenicano, che sorveglia il pranzo
attraverso la copia di un suo famoso ritratto.
Dopo pranzo saliamo alla Cattolica, meta
classica dei turisti; poi andiamo fino a Badolato. Sapevamo che il paese era
spopolato e che era stato riabitato dai profughi curdi approdati in Calabria
nel 1997 con una nave disastrata: l’“Ararat”, dal nome della montagna che si
vuole custodisca i resti dell’Arca di Noè. Al bar del paese una barista
finto-bionda, procace e vivace, ci spiega che gli autoctoni sono ormai solo
cinquecento e i curdi in realtà una decina: quelli senza documenti a posto,
perché gli altri sono partiti per luoghi più promettenti.
Sempre a Badolato, visitiamo il convento del
Seicento già detto “degli Angeli”, ora sede di una delle comunità di padre
Eligio, chiamate “Mondo X”. Il monastero è molto bello, in via di
risistemazione ad opera della comunità. Ora ci sono sedici persone. Una ragazza
ci fa da guida e ci spiega come funziona il tutto. “Padre Eligio dice: io non
vi do il metadone ma il metodone”. Il “metodone” è ammazzarsi di fatica
dall’alba al tramonto, nell’orto, in falegnameria, in lavori edilizi interni.
Gli ospiti sono auto-organizzati, non hanno sorveglianza o guida di operatori.
Tutto è basato sulla volontà personale e il senso di responsabilità. Ma si deve
stare sempre in coppia. Di padre Eligio ricordavo le cronache degli anni 60,
con le foto nei nights (da bambino mi rimase impressa la storia delle mutande
rosse esibite sotto la tonaca…). Il sodalizio con Rivera (“E’ il presidente di
‘Mondo X’, ogni tanto viene anche qui” ci dice la ragazza) è rimasto, ma sembra
votato definitivamente al bene, e non alla mondanità.
Quando lasciamo il monastero mi sento, tra
l’oriente di San Giovanni “il Mietitore” e l’occidente di Badolato, un po’
riconciliato col cristianesimo. Giunti infine a casa, a Bagnara Calabra,
passiamo dalla madre di Fulvio, al loro rinomato ristorante “Kerkira”, per
portarle i doni di padre Kosmas: calendario ortodosso, foto di San Giovanni
Theristis...
Addenda 2013: padre Kosmas (laureato in
lettere classiche, parte di quella covata di giovani greci - anche
dell’emigrazione - che dopo il ’68 cercò rifugio spirituale nel monachesimo
ortodosso) si è spento nella sua cella il 12 dicembre 2010, all’età di 57 anni,
per arresto cardiaco (l’esicasmo è “la preghiera del cuore”). Ha lasciato un
ricordo indelebile tra i calabro-greci e tra tutti coloro che poterono
apprezzarne le doti spirituali e umane, sottratte alla terra di Calabria nel
2006 in ossequio a logiche politico-religiose implicanti greci, rumeni e
amministrazione locale. Sono tornato a San Giovanni Theristis nel 2012: ora è
affidato a dei giovanissimi monaci rumeni.
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