domenica 9 giugno 2013

Perché non possiamo non dirci gaddiani


Ivo Germano


Una febbre. La vertigine in ogni riga da leggere e da rileggere in Carlo Emilio Gadda, il grandissimo scrittore di cui quest’anno ricorre il quarantennale della morte. La sua scrittura è senz’altro miglior antidoto alla volgarità, alle angustie del mancato stile, alla dabbenaggine e all’idiozia. Le debolezze e le timidezze, l’espressione forte, l’amara constatazione. La realtà che supera tutto nella più vertiginosa applicazione ed elencazione di cose e modi dell’intelligenza. Ad uso di dialetto e di vernacolo, senza l’appiglio d’automatismi lessicali che durano lo spazio di un microfono che scema l’amplificazione nel vuoto più vuoto del dibattito tassonomico. Leggere e rileggere Gadda per fare senza la solita guerra delle parole e quella convinzione terribile che tutto finisca a “tarallucci e vintage”. Da L’incendio di via Keplero al Dottor Francesco Ingravallo di Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana, cioè Roma degli smunti statali e l’Adalgisa e La cognizione del dolore, cioè Milano. Geografia e geomanzia profondamente borghese fra ambizioni e ristrettezze, ire e rabbonimenti. In fila perfetta d’occasione antropologica del vezzo nazionale, né virtù né vizio. “Gran Lombardo” e “Gran Borghese” irride il priapismo pagliaccesco del fascismo più caricaturale in Eros e Priapo, la necrosi della piega dell’allineamento delle ridicolaggini di regime. Dall’“Eja, eja alalà al cioè” l’occhio e la lingua non stanno mai fermi nel leggere e rileggere Gadda.Un quarantennio, quello trascorso dalla sua scomparsa, che non passa invano e che, come se fosse una capace dispensa, lascia a disposizione ben più di una vivanda per l’intelletto e la coscienza. Perché si è tutte persone rispettabilissime. Anzi con rispetto dovuto e con rispetto parlando è possibile mettere a soqquadro e gambeallaria ogni tic e vezzi ideologici, le schizofrenie del gusto alla moda. Quelli che tutto sanno e nulla dicono, tuttavia, chiacchierano, chiacchierano e affondano le fauci nella mancata promessa. Gadda insegna che nel Purgatorio c’è molto da razzolare e mettere in ordine una realtà quotidiana, le cui pieghe si collocano in sfere di una profondità linguistica totale. Solo l’ingegnere ha potuto concedersi il lusso di sembrare illeggibile, oppure, di essere il divulgatore delle costumanze che cambiano. A seconda dell’umore che sospinge in disparte, viceversa, porta e comporta l’isolamento, il minimo ostracismo di grandi e piccoli identitari che ti pretendono “sotto cappella”. In meglio? In peggio? Basta non rompere le scatole.


Nessun commento:

Posta un commento