Annalisa Terranova
Non aveva torto
quel tizio che ha scritto su twitter che Claudio Magris è diventato famoso solo
grazie alla maturità 2013 e grazie ai tanti studenti che ha fatto bestemmiare.
Gli studenti di Magris non sanno nulla, e questo è un fatto. Gli amici di mio
figlio impegnati nell’esame di maturità confermano. Quasi tutti hanno fatto il
tema sull’omicidio politico. Ne ricavo che la storia, per loro, è un
bene-rifugio, perché almeno hanno una griglia per interpretarla, cioè i tanto
discussi manuali scolastici. La letteratura, invece, soprattutto se ti è
ignota, è un viaggio su terreni sconosciuti. E alla maturità, forse, i
diciottenni non vogliono dimostrare di essere colti e informati ma vogliono
conferme rispetto a un curriculum di studi sperimentato e digerito. Ne ricavo
pure che parlarne con i diciottenni è più istruttivo che parlarne tra
quaranta-cinquantenni, il cui bagaglio di saperi è del tutto differente, così
come la visione dell’esame di maturità, che per loro è il primo esame
importante, per noi è la memoria del primo esame importante.
Vedo poi, dai
giornali, che l’esercizio del commento al tema di maturità è un vezzo
giornalistico radicato e che le tracce vengono giudicate buone o superficiali o
scontate o avveniristiche a seconda di ciò che dicono opinionisti che non
stanno da decenni tra i banchi. E però hanno anche ragione questi opinionisti,
perché le tracce scelte sono un riflesso, un segno, di come si evolve la
mentalità contemporanea.
E nel caso
specifico questi segni ci dicono di una tendenza ad andare al di là dei codici
esegetici dei manuali (anche se Magris in alcune antologie ci sta, e ci sta da
tempo) mettendo alla prova la capacità di chi fa il tema di allontanarsi dalla
didattica convenzionale per dimostrare quanto gli studenti siano figli del loro
tempo. Gli amici di mio figlio direbbero che queste sono solo “cazzate”. Per
loro l’universo della maturità è tutto racchiuso nella polarità
“facile-difficile”. E le tracce, hanno ragione loro, erano difficili. Viene
anche in mente la polemica innescata dall’ex ministro della Pubblica istruzione
Luigi Berlinguer che voleva valorizzare il Novecento, e forse aveva ragione, a
dispetto di tanti censori, anche e soprattutto di destra, che videro nella sua
proposta il tentativo di perpetuare l’egemonia culturale marxista. Ma non siamo
più nel Novecento. E se contemporaneità dev’essere, allora speriamo che l’anno
prossimo scelgano come autore del tema di italiano Antonio Pennacchi (anche lui
Premio Strega come Magris) non solo perché il suo libro Canale Mussolini è bello ma perché si presta a tante interpretazioni
che meritano di essere valutate come prova di maturità. Perché lì non c’è solo
revisionismo storiografico (come in un “semplice” tema sulle foibe), lì c’è un
soggetto corale che fabbrica storia e civiltà, ci sono pagine ignorate (altro
che il delitto Moro… del quale ancora sappiamo troppo poco), c’è uno stile di
scrittura personalissimo, c’è l’idea di fondo che gli “umili”, con la loro
fatica e la loro tenacia, vincono su un destino avverso, c’è il coraggio degli
italiani, c’è l’elemento primigenio dell’acqua che si ritira dinanzi al dominio
dell’homo faber. Prima o poi accadrà,
e leggeremo altri commenti e altri editoriali e gli studenti si lamenteranno e
malediranno.
E intanto la maturità continuerà a ripetersi come rito identitco a
se stesso, in cui ciascuno mette la sua ossessione del momento, in cui ciascuno
porta la sua dose di originalità perché resti nell’album dei ricordi il
carattere speciale dell’evento. Io, da fascistella presuntuosa, volli sfidare
la docente di italiano della commissione che a tutti faceva come ultima
domanda: “Chi è l’autore del cattivo gusto, del superomismo pacchiano, che
diceva di avere letto Nietzsche e invece pensava a farsi mantenere dalle
donne?”. E tutti rispondevano compiacendola: “Gabriele D’Annunzio”. E io le portai
invece una tesina proprio su D’Annunzio e tenni il punto durante il colloquio
orale sostenendo che era il mio autore preferito. Così, per farle dispetto. E
quella fu la mia prova. Con i miei compagni di classe tutti dietro a fare il
tifo, a guardare come se la sarebbe cavata la “fascistella” che non capivano e
che poco apprezzavano. Io mi ricordo di questo. Il resto è stato tutto
inghiottito. Anche l’autore che scelsero quell’anno (1981) per il tema. Perché
ognuno si crede e si giudica maturo quando si misura nel proprio Campo di Marte
immaginario.
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