Vincenzo Fratta
Quando festeggiava l'assegnazione al Brasile dei Campionati del Mondo di Calcio del 2014 la presidente Dilma Rousseff invitava la popolazione del globo a partecipare a quella che sarebbe stata la migliore edizione del torneo, ma non poteva certo immaginare che la prova generale costituita dalla Confederation Cup 2013 si sarebbe trasformata nella più grande rivolta popolare che il paese tropicale si trova ad affrontare negli ultimi trenta anni.
Di fronte al presidente della Fifa Blatter e ai notabili calcistici del mondo intero, l'erede di Lula aveva preannunciato un Brasile ben organizzato, con tutte le infrastrutture necessarie, dotato di un efficiente sistema dei trasporti, di tecnologie di comunicazione avanzate, e di molta sicurezza.
Proprio a causa dell'aumento del prezzo dei trasporti pubblici urbani è scoppiata la scintilla che si è rapidamente estesa alle principali città del paese coinvolgendo milioni di brasiliani, mettendo alle corde i sindaci e minacciando la tenuta dello stesso governo federale.
La protesta ha avuto inizio il 17 giugno a San Paolo quando il Movimento Passe Livre, uno dei molteplici comitati della sinistra radical, coccolati e spesso sostenuti dal partito dei lavoratori al governo, ha indetto un corteo sulla Avenida Paulista, che per la piú grande metropoli del Sud America riveste un valore simbolico analogo a quello della V Strada per New York, per protestare contro l'aumento del biglietto che passava da 2,90 a 3,10 reais, ossia da 0,90 a 1,05 euro. Un incremento più rilevante di quanto possa sembrare ad un osservatore straniero in considerazione del minore livello dei salari, della conseguente maggiore diffusione del mezzo pubblico e della sua diretta incidenza sulle tasche dei ceti piú poveri. Il possesso del mezzo privato e comunque la possibilità del suo uso quotidiano riguarda infatti ancora una minoranza più abbiente del popolo brasiliano, il quale, gioco forza utilizza autobus e metropolitane, il cui servizio, per la medesima ragione, non è per nulla scadente come erroneamente si è letto nei reportage dal Brasile di alcuni giornali italiani. A questi due fattori alcuni commentatori ne hanno aggiunto un terzo, di carattere psicologico. In un paese dove si compra tutto a rate, dalla spesa al supermercato ai fiori da mandare per il giorno degli innamorati, il biglietto dell'autobus è praticamente l'unica cosa che si paga «a vista», ossia in contanti.
Ma il corteo contro il caro-autobus, come abbiamo detto, è stato solo la scintilla, come è stato chiaro a tutti il 20 giugno, quando a Rio, Brasilia, Belo Horizonte e nelle altre principali città del Brasile, più di un milione di persone sono scese in piazza contemporaneamente.
La protesta ha presto portato in luce i principali handicap del Brasile odierno, ossia il bassissimo livello dell'istruzione e della sanità pubblica, la critica degli alti costi delle infrastrutture per Mondiali e Olimpiadi, la denuncia della corruzione dei politici di Brasilia. Il rapido dietrofront concordato tra i sindaci delle maggiori città per l'annullamento degli aumenti delle tariffe del trasporto pubblico non è servito a interrompere i cortei che sono proseguiti in concomitanza che le partite della Confederation Cup. Piccole manifestazioni di solidarietá sono state indette dalle comunitá brasiliane all'estero in molte cittá europee fra le quali Roma. La massiccia partecipazione popolare ha prima fatto sparire Passe Livre e poi impedito che partiti politici di sinistra o di destra si attribuissero la paternità di quella che può essere definita come una vera e propria ribellione di massa. Vietato l'ingresso alle bandiere rosse, l'unico vessillo sventolato dai manifestanti è la bandiera nazionale verde-oro, la stessa che continua ad essere sventolata negli stadi durante le partite della Confederation Cup.
E' altrettanto chiaro che la Coppa fornisce soltanto la ribalta mondiale in grado di amplificare la protesta popolare e mettere alle corde il governo federale. Il calcio non è in discussione e resta sempre nel cuore dei brasiliani. Lo ha capito subito il «fenomeno» odierno Neymar, che si è subito schierato con i manifestanti dedicando loro i gol segnati nelle prime partite della competizione. Non lo ha compreso il «fenomeno» di ieri Ronaldo che si è visto subissare dagli insulti per aver incautamente affermato che dovendo ospitare i mondiali al Brasile servivano gli stadi piú degli ospedali. Mentre lo stesso Pelé, che senza negare i gravi problemi che il paese si trova davanti, aveva invitato i manifestanti ad una «tregua», è stato costretto a correggere il tiro dichiarandosi favorevole alle ragioni della protesta.
Sabato 22 giugno la presidente Dilma Rousseff dopo giorni di incertezza, e dopo che nelle strade erano comparsi i primi cartelli che la invitavano alle dimissioni, ha rotto gli indugi e con un discorso televisivo alla nazione di 9 minuti ha cercato di ridimensionare le spese per gli impianti sportivi e ha garantito un impegno prioritario sulla sanitá e la scuola.
Basteranno le sue promesse per allentare le tensioni nelle strade e per abbassare i riflettori del mondo sul Brasile, oppure la ribellione continuerà, finendo per mettere in discussione la stessa permanenza della Rousseff alla guida del paese?
Nel 2014 oltre ai Mondiali ci saranno anche le elezioni presidenziali. Un ulteriore appannamento della figura della Rousseff aprirebbe nuovi scenari: dal possibile ritorno di Lula, al rilancio delle chanche presidenziali dell'ex ministro dell'ambiente Marina Silva, fino alle ipotizzabili ricandidature dei governatori paulisti di centro-destra.
Intanto mercoledì 26 il Brasile affronta l'Uruguay in semifinale. La seleção è obbligata a vincere affinché gli incubi del passato non si saldino alle difficoltà del presente...
Un giovane regista brasiliana di 23 anni, Carla Dauden, con un video di sei minuti in inglese, sottotitolato in portoghese, preparato in vista della Confederation Cup, aveva anticipato i principali temi delle proteste popolari:
Il 21 giugno di fronte al Colosseo un gruppo di brasiliani residenti a Roma si è riunito per esprimere il proprio sostegno alle proteste in corso nelle principali città del paese tropicale:
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