Annalisa Terranova
Il politologo
Piero Ignazi firma oggi un editoriale su “Repubblica” ("Il grande inganno della pacificazione") che merita attenzione.
Egli commenta la frase pronunciata da Silvio Berlusconi: “è finita la guerra
civile” e la riconduce, giustamente, all’ingannevole linguaggio neo-orwelliano
con cui l’ex premier riesce a sintonizzarsi con la massa dei suoi elettori meno
critici, a volte anche contagiando coloro che non lo voterebbero affatto. Ma
ciò che colpisce ancor di più è che Ignazi – non a caso il primo studioso che
ha dedicato alla storia del Msi una monografia accurata e ponderata – ricorda
come la pacificazione fosse un cavallo di battaglia del movimento almirantiano
“speso” in un senso molto diverso da quello che si percepisce dalla neolingua
berlusconiana. Ed è sintomatico che sia uno studioso vicino alla sinistra a ricondurre
nel giusto contesto spezzoni della storia di una destra che non sfugge a
letture distorte per cercare di collegare il passato missino al presente
berlusconiano. Nell’immaginario missino, dunque, “pacificazione” era davvero
l’orizzonte in cui depositare l’odio e le violenze della guerra civile. Nel
caso di Berlusconi, tutt’al più, significa ottenere un salvacondotto
(giudiziario o politico non ha importanza) per consentirgli di curare i suoi
interessi attraverso un manipolo di fedelissimi e attraverso il potere di veto
e di ricatto che i voti presi gli attribuiscono. La “pace” infatti è solo una
“tregua armata” che potrebbe saltare o il 19 giugno (sentenza della Consulta
sul legittimo impedimento nel processo per i diritti Rai Mediaset che consentirebbe
la prescrizione e la decadenza dell’interdizione dai pubblici uffici) o in
occasione della sentenza sul “caso Ruby”.
Va notata anche
l’estrema abilità del fronte berlusconiano nell’imbrigliare la sinistra in un
immobilismo deleterio agitando temi come l’abolizione dell’Imu, la riforma
presidenziale, la riforma della giustizia che vengono pomposamente elargiti
all’opinione pubblica per allungare i tempi di ogni decisione e giungere alle
date che davvero interessano il leader del Pdl, cioè quelle delle sentenze a
suo carico. Un “gioco” che nuoce solo al Pd e che taglia fuori, per
inesperienza e disorganizzazione, il Movimento 5 Stelle. Bisogna riconoscere
che la tattica è ben congegnata, ma anche che con la pacificazione non c’entra
nulla. Tutti sappiamo che dallo scontro berlusconismo-antiberlusconismo si esce
solo con il pensionamento di Berlusconi. La parentesi montiana, anziché
indebolirlo, gli ha consentito di porre le premesse per la trasformazione del
Pdl in un partito guidato da un gruppo di pretoriani solo a lui fedeli dove il
peso di altre componenti è inesistente (la creazione concordata di Fratelli
d’Italia come partitino-satellite è funzionale, in fondo, a questa strategia).
Nessuno potrà più mettersi di traverso perché nessuno ha più il peso sufficiente
per contrastare il disegno della destra-non destra berlusconiana. E ciò non
solo sul terreno politico-parlamentare. Anche sul piano della battaglia delle
idee la destra-non destra può schierare un parterre di intellettuali e
giornalisti (tra cui anche alcune firme della destra storica) ben inseriti nel
circuito dei salotti televisivi che si prestano volentieri al gioco di
costituire una dignità “estetica” al berlusconismo nella sua fase terminale ma
non meno aggressiva. E del resto queste operazioni hanno facile gioco se
dall’altra parte gli interlocutori sono Travaglio, Landini, Rodotà eccetera
eccetera. Ma queste sono tutte cose note.
Tornando alla
neo-lingua orwelliana denunciata da Piero Ignazi va notato, infine, che ciò che
sta avvenendo nulla ha a che fare neanche con le “larghe intese”, generalmente
nate sulla base di un’emergenza per riparare a guasti immediati o sulla base di
un progetto di lungo termine per grandi riforme condivise. Il governo Letta
nasce sulla base di un’emergenza, quella economica, ma non è chiaro quali sono
gli obiettivi (l’unico finora raggiunto, cioè la fine della procedura
d’infrazione per il deficit da parte dell’Ue è frutto innegabile del “rigore”
di Monti e dei sacrifici fatti dagli italiani) o meglio è fin troppo chiaro:
compromessi al ribasso su tutte le materie che “scottano” (a cominciare dalla
legge elettorale) e fumose promesse sulle grandi riforme (con il proliferare di
inutili commissioni). Un’agenda dettata dalla destra-non destra e “velata” dal
linguaggio neo-orwelliano. Ma non è la fine della guerra civile, che per la
politica più consapevole è avvenuta già nel 1989 con il crollo del Muro, è solo
il solito pantano in cui la destra-non destra galleggia consolandosi con
funambolici accostamenti tra il capo attuale e i duci del passato. E a
proposito di Orwell, non sarà male ricordare cosa cantavano gli animali della
Fattoria al loro capo: “Padre degli orfani! Fonte di gioia! Signor delle
cibarie! Oh, qual consolazion prova l’alma mia grata quando tiepida guata
l’occhio tuo calmo e fiero, come il sole nel cielo, o camerata Napoleon…/ Sì,
tu sei prodigo d’ogni delizia: pancia piena ogni giorno e strame a profusion;
ogni bestia creata se la dorme beata ché tutto tu concedi e a tutto tu
provvedi, o camerata Napoleon…”.
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