Luciano Lanna
Quello che più colpisce
del discorso pubblico italiano degli ultimi giorni è l’improvviso tilt che ha fatto saltare la collaudata alleanza conformistica tra establishment
partitico-parlamentare e circuito mediatico. D'altronde, basterebbe solo seguire qualche
talk show per verificare la fine evidente di una lunga stagione dimostrata dal
perdere le staffe e dall’innervosimento continuo dei principali opinionisti
dell’ultimo ventennio, da Filippo Facci a Maria Teresa Meli, da Vittorio Sgarbi
a Giuliano Ferrara. E’ come se il risultato elettorale con l’irruzione di un
soggetto non controllabile come quello dei Cinquestelle avesse di colpo
allontanato qualsiasi ipotesi prevedibile e controllabile ad uso dei
giornalisti pontificatori. Si è infatti passati dal gioco compiaciuto delle parti nel bipolarismo
muscolare a quello della visibile depressione di fronte all’imprevisto. E questo,
almeno a nostro avviso, è oggettivamente un bene per chiunque non ne poteva più
del teatrino, anche giornalistico, della cosiddetta Seconda Repubblica.
A questo punto, sia
ben chiaro, non si tratta di avventurarsi in nessuna apologia del M5S, né di pensare –
come molti pure fecero col Pci dei primi anni Settanta, poi con i radicali,
con i Verdi e anche con i leghisti del 1992 – di cercare di inserirsi strumentalmentee nel fenomeno e di
cavalcare l’onda ma di valutare, serenamente e in maniera disincantata, quanto
di positivo si sta affermando nel nuovo quadro politico e sociale italiano. Per
chi come noi non ha mai privilegiato il mito della cosiddetta governabilità (che
era, semmai, era la stella polare dei democristiani o dei repubblicani di Ugo
la Malfa…) ma ha sempre guardato a prospettive di movimentismo e cambiamento è un fatto che il nuovo scenario abbia aperto dialetticamente un varco oggettivo di
innovazione.
Intanto, abbiamo già visto con l’elezioni delle presidenze delle
Camere che i giochi precostituiti sono destinati tutti a fallire. Un po’ come
accadde nel ’92 quando l’arrivo dei leghisti impedì di fatto la realizzazione
dei giochi del Caf che volevano Craxi a Palazzo Chigi e Andreotti o Forlani al
Quirinale. Anche stavolta, la presenza inattesa dei 163 del Cinquestelle ha
determinato l’azzeramento immediato delle velleità di chi si sentiva già al
Colle. E restiamo poi convinti che anche il prosieguo – l’eventualità o meno di
un governo, l’arrivo alle prossime elezioni anticipate con una nuova legge
elettorale, i cambiamenti in tanti usi e costumi di privilegio castale –
avverrà tutto all’insegna dell’imprevedibile…
Non si tratta, insomma,
di illudersi sulle presunte virtù di Grillo o di Casaleggio né di far finta che il
M5S sia un blocco rivoluzionario compatto e che non subirà una dialettica interna
fatta anche di eventuali dissociazioni e rotture. Ma, per dirla marxianamente, occorre pensare che la dimensione “strutturale” del processo politico in atto andrà
avanti nonostante tutto e malgrado coloro che cercheranno di condizionarla a loro vantaggio. Nonostante Grillo e nonostante gli stessi grillini, aggiungiamo.
Lo scenario è d'altronde chiaro: i
politici si stanno di fatto “arrendendo” agli eventi, i giornalisti stanno
perdendo il loro ruolo e a qualcuno saltano pure i nervi. Il quadro, insomma, evolverà
nonostante quello che si dice e anche quanto si cercherà di fare. E’ come se
fosse in atto una sorta di nuovo Sessantotto, ma questa volta con un movimentismo
che ha fatto irruzione dentro le stesse istituzioni. Per curiosità abbiamo dato
un’occhiata a La carica dei 163, l’instant book curato da il Fatto Quotidiano e
che presenta il profilo di tutti i parlamentari del Movimento 5 Stelle. Solo
a scorrerlo si respira, comunque, aria di novità. Basta vedere il ventisettenne
Luca Frusone, deputato ciociaro del M5S, citare esplicitamente Cat Stevens: “Now there’s a new
way and I know that I have to go away” (testualmente. “C’è una nuova strada e
io so che devo percorrerla”). Oppure basta vedere scorrere nel pantheon di
Mirella Liuzzi, deputata sempre ventisettenne ma lucana, i nomi di Serge
Latouche e Karl Polanyi e le teorie della "decrescita felice", la visione
anti-utilitaristica che ricorre nel pensiero di tanti altri grillini. Nel libro si ripetono i profili di moltissimi attivisti ecologisti, ma anche di un
reduce del movimento del ’77 o di alcuni di loro impegnati con Emergency.
Insomma, fatta la tara delle ingenuità e anche di alcuni facili entusiasmi,
emerge nel complesso una volontà movimentista precisa e innovativa. Il
giornalista Alessandro Zaccuri se ne è occupato seriamente su Avvenire: “Difficile capire –
ha scritto – se l’idea di libero web in libero Stato discenda dalla lettura
diretta di autori come Bruce Sterling o anche dal solo Hacker’s Manifesto del
lontano 1986. Di sicuro l’attivismo mediatico del MoVimento cita in maniera
esplicita la versione cinematografica di V per Vendetta, il libertario fumetto
degli anni Ottanta portato sul grande schermo nel 2005 dai fratelli Wachowski.
E’ grazie a quel film che la maschera di Guy Fawkes (il patriota cattolico
giustiziato nel 1605) diventa il simbolo di una ribellione globale, che dall’occupazione
di Wall Street arriva sino agli indignados madrileni, seguendo la rotta degli
Anonymous di ogni latitudine”. Beppe Grillo, prosegue Zaccuri, si presenta
inoltre come interprete di un immaginario oggi maggioritario tra i giovani di
tutto il mondo e che fa riferimento a personalità prestigiose come il premio
Nobel Joseph Stiglitz, l’economista-filosofo Serge Latouche e il sociologo
Wolfgang Sachs, esponente di spicco del Wuppertal Institut, il centro di
ricerca tedesco che alla pratica della globalizzazione selvaggia contrappone la
strada dello sviluppo sostenibile. Poi, per quanto riguarda l’informazione, il
giornalista di Avvenire ricorda che già nel 2006 Grillo si domandava: “Quanti
giornalisti liberi di nazionalità italiana rimangono in giro?”. E rincarava la
dose aggiungendo che “bisogna andare nella biblioteca comunale e leggersi
vecchi pezzi di Indro Montanelli per tirarsi un po’ su…”.
Tutto questo per dire
che, nonostante il verticismo eccessivo o la mancanza di esperienza di qualcuno di loro, il M5S è comunque portatore di novità, sia rispetto alle rimasticature
liberiste e conservatrici del moderatismo berlusconiano sia di fronte alla
formazione carrieristica e d’apparato di buona parte dei quadri del Pd. Confusione
e caos? “Nessuno si meravigli – si leggeva del resto nel ’68 nella cosiddetta
Carta della Sorbona – del caos delle idee, nessuno ne sorrida, nessuno ne
tragga motivo di burla o di gioia. Questo caos, piaccia o meno, è lo stato d’emergenza
delle idee nuove. Il movimento e il cambiamento si creano da se stessi, con
tutti coloro che vi aderiscono, e lasciano che ciascuno porti con sé il proprio
personale bagaglio d’idee”. Staremo a vedere. Disincantati ma senza alcuna
chiusura pregiudiziale.
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