giovedì 28 marzo 2013

Destra e divise: quando non è possibile dire "arrivano i nostri"




Il vergognoso sit in dei sindacati di polizia sotto l’ufficio della madre di Aldrovandi avrebbe meritato un’immediata dissociazione di tutte le forze politiche associabili alla destra a cui la manifestazione viene attribuita, anche grazie alla penosa partecipazione dell’on. Potito Salatto (solo per avere nelle proprie file un campione di questo genere Fli avrebbe meritato non lo 0,5, ma lo zero e basta). Ripropongo perciò un articolo sull’argomento che riguarda i vizi della destra d’ordine quando sono le divise a trovarsi dalla parte del torto. Questo articolo (pubblicato sul Secolo delle nefandezze, cioè quello diretto da Perina-Lanna) mi valse l’invito a una trasmissione su La7. Lo dico perché circola la tesi idiota (riproposta in un libro per fortuna non molto diffuso sulla storia di quel giornale) secondo cui all’epoca i salotti televisivi si occupavano della destra solo se essa scimmiottava la sinistra. Bene io penso che difendere un poliziotto che delinque non sia di destra, sia semplicemente ingiusto. E ritengo di avere, con l’articolo in questione, dato voce a una destra normale, civile, presentabile, cui i sit in sotto l’ufficio di una madre che ha perso un figlio fanno prepotentemente schifo

Annalisa Terranova

Non è un Paese normale, né civile, quello in cui se a compiere un delitto è un uomo in divisa scatta una sorta di rete di protezione, una cortina fumogena di mistificazione, che si conclude con una pena irrisoria nei confronti del singolo che ha infranto la legge. Non è un Paese normale né civile perché in questo tipo di Paese chi ha una divisa ha la missione di tutelare le persone e non di offenderle, di prevaricarle, di ucciderle. Fatta questa premessa essenziale, occorre dire che questa riflessione dev’essere approfondita soprattutto da parte di quella destra che dinanzi a una carica dei carabinieri o degli agenti di polizia pensa meccanicamente: «Ecco, arrivano i nostri!». Ma sono i «nostri» davvero? O non si dovrebbe recuperare un giudizio più distaccato? Nel recente passato, prima dello sciagurato omicidio di Gabriele Sandri, non sono mancati purtroppo casi in cui giovani vittime di uomini in divisa non hanno avuto giustizia, casi che hanno infranto in modo clamoroso il principio-cardine dello Stato di diritto secondo cui tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. L’elenco è penoso, ma occorre farlo. Partiamo da Giorgiana Masiuccisa durante una manifestazione dei radicali il 12 maggio del 1977. Aveva diciannove anni. L’età, per dirla con Lucio Battisti, in cui si hanno nel cuore “prati verdi che nessuno ha ancora calpestato”. C’erano agenti in borghese armati infiltrati tra i manifestanti, ma l’omertà non consentì di arrivare a individuare un responsabile dell’assassinio. Poi ci sono due ragazzi che riguardano da vicino il mondo della destra. I loro volti li conosciamo bene, così come le loro storie. Stefano Recchioni, 19 anni, centrato in pieno volto da un proiettile dopo che aveva sparato il capitano dei carabinieri Edoardo Sivori. Anche in quel caso, si tentò il depistaggio d’ordinanza: furono casualmente rinvenuti proiettili nelle tasche dei pantaloni di Stefano. Ce l’avevano messi per dimostrare che era un facinoroso accorso ad Acca Larenzia per fomentare disordini. Vi era accorso scioccato, come tutti noi, per la morte di due che erano davvero “dei nostri”. L’altro ragazzo è Alberto Giaquinto, ucciso con un colpo alla schiena dall’agente in borghese Alessio Speranza. Come vogliamo definire queste morti? Omicidi di Stato? In ogni caso gli esecutori materiali dei delitti non hanno fatto nemmeno un giorno di carcere. Poi ci sono i fatti del G8 di Genova del 2001: disastrosa gestione dell’ordine pubblico e non solo per colpa dei black bloc. Un ragazzo morto: Carlo Giuliani. Dice: stava tirando un estintore contro la jeep da dove sparò il carabiniere Placanica. Vero, ma colpisce di più il fatto che avesse vent’anni. Colpisce il fatto che il Defender assaltato passò due volte sul corpo di Giuliani. Colpisce che non gli spararono alle gambe. Dice: l’agente Placanica era sotto choc, c’era un clima di tensione altissima. Ma perché mandare giovani agenti impreparati in quell’inferno? In ogni caso, alle forze dell’ordine non dovrebbe appartenere il concetto di vendetta che ci fu e che fu messa in pratica nella caserma Bolzaneto, dove venivano portati i manifestanti fermati, picchiati e umiliati, insultati e costretti ad abbaiare o stare in piedi su una gamba sola. E vendetta ci fu con l’irruzione della polizia alla scuola Diaz, di notte, dove dormivano i militanti del Genoa Social Forum. Scene da “macelleria messicana” ebbe a dire un poliziotto, Michelangelo Fournier, che all’epoca dirigeva la missione punitiva in seguito ripudiata. Ovviamente furono trovate molotov, peccato che ce le avessero portate gli agenti stessi, per giustificare la mattanza. Il tragico cerchio di errori, di eccessi, di deviazioni da quello che dovrebbe essere il normale comportamento degli uomini in divisa, addestrati per tutelare i diritti dei cittadini e non per violarli, si chiude con il caso Sandri. La pena irrisoria inflitta all’agente Spaccarotella dimostra ancora una volta che la giustizia diviene magicamente strabica quando si tratta di punire il responsabile di un delitto se quel responsabile si fregia dell’appellativo di membro delle forze dell’ordine. Si replicherà: una mela marcia non pregiudica la bontà dell’intero frutteto. Ma se il contadino anziché buttarla via la spaccia come buona e genuina, su tutta la merce grava il sospetto di avaria.


1 commento:

  1. Pietà l'è morta... e questi sono i suoi amari frutti.

    Peccato che pure in questo articolo restano invisibili e non denunciati altri elementi raccapriccianti pure presenti e con grande incidenza, tipo gli schifosi doppiopesismi dei media. Se i poliziotti eccedono contro militanti o simpatizzanti di sinistra (Aldrovandi, Cucchi, ecc.): titoli a 9 colonne, prime pagine dei telegiornali e via dicendo. Viceversa, se vanno fuori il seminato contro i ragazzi di casa Pound di Napoli o commettono abusi ai danni di Nanni De Angelis, o dei ragazzi del FDG che inscenarono proteste pacifiche e non violente contro il corteo di Bush sr (1989) nessuno dice niente contro la polizia, anzi (come non tanto tempo fa ha rievocato Repubblica) addita al pubblico ludibrio i manifestanti giusto perché si chiama Alemanno....
    Nel frattempo qualcuno finge o si proietta il film mentale che la maggioranza del popolo di centrodestra sia del tipo "Legge e ordine".
    Peccato non ci si accorga che i principali interpreti di questa posizione ("Forza sbirri") abitano da molto tempo nel centrosinistra...
    Forse è più comodo immaginare che nel Popolo della Libertà siano tutti figli di Gasparri, quando le sue posizioni sbirresche sono di gran lunga minoritarie.
    Ormai le divise eccitano solo sparute minoranze. La maggior parte, invece, allo stadio come negli altri spazi pubblici grida o sussurra (via, via la polizia!)

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