È morta 15 anni fa Anna Maria Ortese, scrittrice schiva e
appartata, una delle più grandi del Novecento. Di seguito un estratto dall’ultimo
libro della Ortese pubblicato da Adelphi, Da
Moby Dick all’Orsa Bianca:
«Che poi, domani, questa tragica condizione possa mutare,
questa casa del silenzio mostrare di essere abitata, e quest’uomo morto
mostrare teneri segni di vita, è possibile. Oggi come oggi, età della Scienza e
della Tecnica, dell’Industria come patria, della produzione come pena, dell’oggetto
come avvenire; delle masse come illibertà smisurata e definitiva – così, allo
stato di massa, stanno fermi oceani, montagne, dormono le Ande e il Pacifico –
oggi come oggi, l’Uomo-umano, che porta in sé libertà e bellezza personale, non
esiste quasi più. Non esistono che le masse, e le masse non sono che
immobilità. Sono prigioni, e chiunque può impadronirsi di una prigione. Il
nostro cielo, di donne e di uomini nuovi, perciò è scuro. Le masse sono –
perché immobilità – tristezza grande. Chi ha voluto l’uomo-massa, l’immensa
malinconia delle masse, se non Achab, per una maledetta gamba perduta, dando la
caccia, come l’ha data, al simbolo di tutti i segreti, alla maschera che non si
doveva raggiungere? Quante cose sa l’uomo di oggi! E come – quanto più sa – più
è paralitico! Il suo odio per i segreti non ha limiti; perciò egli non produce
più segreti, solo incomprensioni. In scatola, ha messo tutto. Ora, eccolo
intento a sezionare e rappezzare se stesso. Di qua una gamba, qua un frammento
di cuore, qua una lista di cervello. Vediamo se si può fare Adamo nuovo, e dire
al Dio dei Cieli: “Questa è casa mia, esci!”. La situazione dell’uomo, ora che
è diventato adulto (e lo si vede dal fatto che non ride più), non ha vie d’uscita,
se egli non torna libero. E come potrà tornare libero, se non torna solo? E
come potrà essere solo, se non torna forte? E come potrà essere forte, se non
decide di staccarsi dai mercati? Se non ritorna al grano, al pesce, alla
personale conquista della sua giornata, allo sforzo fisico, al coraggio di
lavorare liberamente? Ecco, in questa impossibilità, non solo di decidere, ma
perfino pensare una cosa tanto grandiosa – la sua libertà fisica, la sua
rivolta alla falsa sicurezza dell’associazione, della massa – è tutta l’angoscia».
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