di Pier Paolo Segneri
I suoi libri ci parlano
ancora. Siciliano di Racalmuto, cioè di un piccolo paese sperduto nella vastità
di una regione separata, non solo geograficamente, dal resto dello stivale e
dal “continente”, Leonardo Sciascia non abbandonò mai la sua dimensione
provinciale, di “uomo di lettere” semplice e intelligente, acuto e
provocatorio, raffinatissimo e profondo. Ma egli – ecco la novità rispetto ai
tanti altri scrittori “provinciali” – sulla “scienza certa” delle proprie
origini, delle proprie tradizioni e cultura, seppe innestare la grande lezione
dei pensatori francesi del XVIII secolo, il genio di Borges e lo stile del
libellista Paul-Louis Courier, autore “che sapeva dare colpi di penna che erano
come colpi di spada”. Non a caso, Sciascia aveva scelto una frase di Georges Bernanos
come guida del suo essere scrittore: “Preferisco perdere la fiducia dei miei
lettori, piuttosto che ingannarli”. Questa regola gli derivava anche dalla
convinzione che il fare e il leggere libri fossero “buone azioni”.
E così, come una voce
dall’aldilà, il suo suggerimento arriva fino a noi con tutta la forza delle
cose semplici, che soltanto la scrittura, la parola e le buone azioni sanno
donare. Leggere, dunque, e scrivere “per null’altro che per amore della
verità”. Per non ingannare se stessi e gli altri. Per non cadere nella sfiducia
di un mondo che va al rovescio e travasa l’essenziale fuori dal senso
d’umanità, così tanto sperso e sparso da far seccare la nostra coscienza.
Nasce, allora, in Sciascia, e dovrebbe rinascere in noi, il rifiuto del
pessimismo rassegnato, la necessità di riscoprire la poesia e l’arte, il teatro
e il cinema, la musica e la pittura per nutrire di vita la nostra umanità e
renderla migliore, più consapevole, meno assoggettata e meno schiava. Questo è,
forse, il suo principale insegnamento per il nostro tempo di crisi.
La letteratura, la
poesia e l’arte sono divenute, oggi più di ieri, in questa fase di mutamenti,
l’unica forza propulsiva attraverso cui il cambiamento umano può prendere la
strada della libertà e della fantasia invece che quella della costrizione, del
possesso, dell’autoritarismo. E’ giunto il momento, insomma, di cogliere l’atto
rivoluzionario di Leonardo Sciascia, cioè la capacità critica di saper
discernere, ascoltare, comprendere, domandare, accrescere la propria attenzione
verso gli altri, verso l’alterità, verso il prossimo. E leggere. E scrivere. E
compiere “buone azioni”. Anche con il rischio di perdere la fiducia degli
altri: sempre meglio questo che perdersi nell’inganno! Il suo metodo, infatti,
era quello della ricerca. Una ricerca costante e incessante della e delle verità. Il suo obiettivo letterario,
di conseguenza, stava nello svelare al lettore il volto che viene nascosto
dietro le mille maschere della menzogna. E la letteratura diventa il viatico
per conoscere le verità. In questo senso, Sciascia ha un debito con
l’imperitura presenza, spesso ingombrante, dell’altro grande scrittore
siciliano: Luigi Pirandello.
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