Luciano Lanna
15 febbraio 1994.
Mentre si sta chiudendo la campagna elettorale che vedrà l’affermazione di
Berlusconi e del bipolarismo della cosiddetta Seconda Repubblica, sulla rivista
tabularasa compare “E bravo Grillo!”, un lungo articolo premonitore che, in
controtendenza rispetto a tutte le analisi di quei giorni, affidava allo showman genovese la prospettiva di un futuro politico. “Ci voleva un comico –
esordiva l’intervento – per smuovere le acque putride e stagnanti che ammorbano
con i loro miasmi la realtà sociale? Quello che ha detto in due ore di
trasmissione Beppe Grillo non sono stati capaci di accennarlo
generazioni di politici, anche di opposizione, ignominiosamente succedutisi a
pontificare da diverse cattedre, ma tutti proni a un identico, occulto,
livellante e degradante potere: quello del dio denaro”. L’articolo, firmato
Alfredo Stirati, faceva riferimento a una discussa trasmissione di Grillo andata
in onda in quei mesi e la definiva “una magistrale lezione di educazione
civica, migliore delle logorroiche e stantie tiritere di accademici tromboni”.
E ancora: “Ci voleva Beppe Grillo – vi si leggeva – a far riflettere gli
italiani e per far tremare il Palazzo con le sue impietose e dissacranti
battute. Onore al merito dunque di colui che, emarginato per anni dalla tv,
colpito dall’anatema dei potenti per aver osato scalfire la coriacea corazza da
cui sono ben protetti, ha ritenuto opportuno dare la stura a quanto covava da
tempo nella sua riflessione, senza più reticenza alcuna, dicendo pane al pane e
vino al vino”.
“Ci hai nuovamente
donato – proseguiva Stirati, rivolgendosi direttamente a Beppe Grillo – il gusto
della dignità, l’idea di poter contare qualcosa con il geniale invito a
ribellarci alle vergognose istituzioni, agli enti parassitari, agli usurpatori
del potere che riscuotono, nonostante tutto, ancora la stima degli ingenui e
degli sprovveduti. Intanto, solo da te è arrivata la denuncia, mamma Rai non
t’ha pagato un soldo per il provvidenziale exploit e, per giunta, sparirai per
molto dai teleschermi. Ma di ciò non ti preoccupare più di tanto, perché hai
dimostrato di aver fegato, più di noi e di quanti brontolano nel sicuro delle mura domestiche o
al bar con gli amici ma poi continuano a inchinarsi ai potenti di sempre e a
baciare la mano che li ha frustati a sangue…”.
L’articolo si concludeva
con un invito esplicito a una pacifica “disobbedienza civile”
ispirata direttamente alle denunce del comico: “E allora? Grillo for president? Perché no.
Meglio lui di tanti altri. E se tuttavia, se lui non gradisse onorificenze e
cariche, cominciamo tutti noi a scrollarci di dosso la soggezione rispetto al
sistema del denaro e alla partitocrazia e riacquistiamo la nostra dignità di
essere persone autonome e libere, capaci di cambiare un sistema che esiste
anche per la nostra colpevole e complice connivenza con lo stesso. Grillo for
president, insomma. Perché invece attendere le riforme dall’alto? Perché
aspettare dall’esterno il cambiamento, inteso come una paternalistica
concessione da parte del liberatore di turno? Perché non fare tutti noi un
passo, come dice Grillo, per determinarlo noi questo cambiamento? Tutto
potrebbe avvenire hic et nunc, purché lo si voglia…”.
Dovevano passare quasi
vent’anni per l’affermazione “politica” delle tesi di Grillo, ma forse su tabularasa
si intravedeva comunque qualcosa. E allora vale la pena di spendere due parole anche su
quella rivista, messa su nel febbraio del 1992 dal compianto Antonio Carli,
toscanaccio libero e libertario vissuto per un quarantennio al fianco di Beppe
Niccolai e che con quel foglio proseguiva l’esperienza de L’Eco della Versilia, la precedente pubblicazione battagliera diretta dal fasciocomunista pisano ed ex deputato
missino morto alla fine del 1989. Il progetto di tabularasa, nel cui comitato
di redazione si ritrovò un gruppetto di persone che alla fine del 1991
ritenevano esaurita politicamente l’esperienza del Msi e che provavano a
mettersi in mare aperto, intraprendendo – come si leggeva sul primo numero – “la
strada di chi sceglie di uscire dai giochi preconfezionati ma non rinuncia a
fare politica, torna anzi a fare politica, a giocare giochi veri e si mette in
campo, non in cerca di collocazioni ma di interlocutori. E interlocutori ne
stiamo trovando, insignificanti quanti siano, senza bisogno di costituirci in
gruppo o area, senza darci un nome o una fisionomia, verificando semmai
vivificanti intersezioni e aprendo nuove strade…”. E i nomi di quel comitato di
redazione erano scritti in ultima pagina in ordine rigorosamente alfabetico:
Gianni Benvenuti, Valerio Bertuccelli, Pietrangelo Buttafuoco Umberto Croppi,
Beniamino Donnici, Vito Errico, Luciano Lanna, Peppe Nanni. Persone che
liberamente faranno in seguito anche scelte diverse tra di loro ma, quasi
tutti, senza mai tornare indietro o subire il richiamo della foresta. Altri
amici poi si uniranno nell’impresa, chi per un tratto di strada, chi per un
altro. Così, nell’ultima fase, collaborerà Alfredo Stirati, uno studioso che
partito da una giovanile formazione evoliana si spostò verso uno spiritualismo
libertario vicino ad alcune battaglie dei radicali. E in quel 1994, alla
vigilia del primo trionfo del berlusconismo, fu lui a suggerire l’ipotesi
“Grillo for president”. Una lucida profezia anche se inattuale e prematura
per quei giorni.
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