venerdì 3 gennaio 2014

Un Afghanistan indipendente non può che essere a vocazione euro-asiatica



Soso

Il presidente afghano Hamid Karzai in visita ufficiale in India, ha dichiarato che gli Usa “non devono usare toni aggressivi o intimidatori per spingerci a firmare un accordo sulla sicurezza, perché essi si possono rivelare controproducenti”. La realtà sul campo oltre gli arabeschi diplomatici è costituita oggi dal sostanziale rifiuto di Karzai riguardo "l'accordo" che equivale a dire agli States: non vi vogliamo più. Niente male per una figura che l'intero occidente considerava meno di un Quisling, stipendiato in dollari... che oggi invece svela una propria e autonoma strategia, mirata a mutare la valenza di quello che da decenni rappresenta il fulcro strategico di penetrazione atlantica nell'Eurasia: tragica nemesi ormai e status symbol del grande riflusso, che la guerra senza limiti dell'occidente ha già iniziato a sperimentare ovunque, in un mondo che vuole andare oltre il secolo americano.

Alla fine del 2014, quando terminerà il ritiro delle truppe Nato, un contingente militare americano sarebbe dovuto rimanere in Afghanistan per un’opera di "assistenza" all'esercito di Karzai. Ma è ormai chiaro che la delegazione afghana sbarcata a Delhi con una significativa “lista della spesa”, cercherà di ottenere da India e Russia le armi pesanti finora negate dagli Usa per impedire la effettiva indipendenza del regime, minacciato dall'insorgenza Taliban sostenuta dal Pakistan.
Già dal 2011 comunque, India e Afghanistan hanno siglato una partnership strategica che bilancia il supporto del Pakistan ai Taliban, prevedendo che Delhi equipaggi adeguatamente l’esercito afghano e portando già 1.400 ufficiali afghani a studiare nelle accademie militari indiane. Non è per niente casuale quindi che truppe indiane e afghane compiano ormai operazioni congiunte in zone di guerra, ma se è già iniziata la sostituzione delle forze Nato-Isaf, che faranno le forze italiane?

La data del 2011 non è casuale e corrisponde all'inizio dell'invasione atlantista-saudita-kaedista della Repubblica Araba Siriana. Fra le cause di questa non riuscita ma devastante aggressione ci sono le mire colonialiste anglo-francesi, le pipelines saudite-katariote che non saranno mai costruite e il dossier nucleare iraniano: sulla base di queste evidenze è ormai trasparente a colpo d'occhio sulla carta geografica la relazione fra ciò che accade a ovest come ad est di Teheran.
Le trattative dirette a Doha fra la delegazione Usa e i Taliban nel "vice-reame" della VII flotta americana, ha evidentemente suonato come campana a morto per l'Afghanistan di Karzai, accelerando un percorso di indipendenza che può solo avere una vocazione eurasista. L'unica direzione possibile di inserimento è quindi oggi quella del BRICS e cioè gli alleati dell'Iran: un nuovo orientamento in cui la Repubblica Afghana sembra essere preceduta dal "nuovo corso" della Tuchia di Erdogan.

Ultima ma non meno importante considerazione sullo scacchiere: dato il raggiungimento di un accordo internazionale sul dossier nucleare di Teheran e la conseguente fine delle sanzioni, quindi del tentativo atlantista di piegare l'Iran, quale significato attribuire ai recenti scambi di crociere militari indo-iraniane? Per quanto tempo ancora, la Federazione Indiana sopporterà la presenza dei bombardieri atomici americani a Diego Garcia, appena un po' più a sud delle ridenti Maldive?

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