domenica 1 dicembre 2013

Ancora a proposito del film di Silvia Giralucci e di quella scena finale che ha turbato i "duri e puri"





Annalisa Terranova

Il film di Silvia Giralucci sugli anni di piombo a Padova, Sfiorando il muro, sarà presentato a Roma il 2 e il 5 dicembre nell'ambito del festival del cortometraggio "Arcipelago". Chi ha avuto modo di vederlo su Raiuno, pochi giorni fa, sa già di che cosa si tratta. Io vorrei sottolineare ancora una volta la scena finale, che è stata molto criticata da parte di ex militanti di destra sui social network. Il film raccoglie la testimonianza di Stefania Peternò, ex attivista del Msi a Padova, amica di Graziano Giralucci, il padre di Silvia, la quale rievoca il clima di scontro di quegli anni e poi, con le lacrime agli occhi, parla della lezione che le hanno lasciato dentro: rispetto per tutte le vite umane, contrasto al "brutto gioco" dello scontro generazionale qualora dovesse mai ripetersi. Cose che a me sono sembrate addirittura ovvie. 

Ma la reazione che hanno suscitato mi fa invece pensare che tutto il lavoro di lettura, di revisione e di storicizzazione di quella fase plumbea, avvenuto per esempio nel Fdg degli anni Ottanta, è stato vanificato dal teatrino dello scontro frontale tra una destra e una sinistra molto diverse da quelle che si fronteggiarono negli anni Settanta. E ci va aggiunto il senso di smarrimento che coglie molti ex attivisti dinanzi all'inesorabile disfacimento di un mondo che non sa dare ormai né letture storiche né politiche che esulino dal piano della più semplice propaganda. 

Per questo si è voluto vedere nelle parole di Stefania Paternò quasi uno strappo interpretativo rispetto alla guerra civile strisciante di allora, come se quegli scontri andassero per forza rivendicati, come se non fossero passati decenni importanti, come se non conoscessimo tutti le responsabilità che c'erano dietro quei lutti, come se non fosse chiaro che quegli scontri furono stabilizzanti rispetto al sistema e non rivoluzionari. Ma un documentario è un documentario e migliaia di pagine sono state scritte su quel periodo, basterebbe leggerle e riflettere senza cadere nella tentazione della frenesia identitaria. Perché se si va a parare lì, a collocarsi nell'empireo dei migliori, ecco che il superamento diventa un rinnegare, e che la pietas per i morti di allora diventa isterismo femminile. E già, perché una donna dovrebbe azzardarsi a esprimere il suo punto di vista su quei fronteggiamenti muscolari e virili? 

Per farla breve, sono rimasta ancora più stupita dal fatto che qualcuno ha criticato la commozione di Stefania. Come se le lacrime fossero fuori posto e non invece collocate, come a me è sembrato, nel contesto giusto. 

In un libro molto originale, intitolato Le lacrime degli eroi, lo studioso del pensiero antico Matteo Nucci ha scritto dell'atteggiamento verso i lutti e il dolore degli eroi omerici, i quali piangevano tantissimo, quasi che le lacrime fossero complementari al loro furore esagerato, debordante. Fu invece Platone a decretare che i lamenti erano roba da donnicciole. E' chiara allora quale sia la mentalità che a destra fa guardare alle lacrime come al segno di un vergognoso cedimento, quasi che questi caduti così giovani fossero solo cari agli eroi per la morte su quelle barricate. Eroi a loro volta, che non vanno pianti, ma dei quali va semplicemente preso il posto (il rito del presente è questo, non altro). E' un'impostazione che rispetto, se non va a colpire il punto di vista di gente come Stefania Paternò, nella cui breve analisi mi riconosco appieno. Un atteggiamento che rispetto se dietro c'è davvero un dolore che si evita di manifestare e non l'esaltazione di chi pensa di avere il privilegio del passaggio del testimone. Rispetto, certo. E però a tutti quelli che hanno criticato Stefania vorrei fare una domanda semplice semplice (soprattutto ai più anziani, che sanno di che cosa si parla, i ragazzini lasciamoli da parte, sono i capi che rispondono per loro): ma a voi davvero dispiace che siano morti quei giovani? E vi siete mai chiesti, tutti, se avete fatto qualcosa per evitarlo? Vi siete mai domandati se avete fatto tutto per bene e non anche qualche cazzata? Perché sono sicura che Stefania se l'è chiesto un sacco di volte. Per questo anche le sue lacrime, soprattutto le sue lacrime dignitosissime, meritano rispetto. 

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