Luciano Lanna
Da
tempo un romanzo non mi emozionava come è stato per Il tango della vecchia guardia di Arturo Pérez-Reverte (Rizzoli,
pp. 490 euro 18,00), uno dei narratori che mi sono più cari. Soprattutto, mi
sono sinceramente commosso nelle ultime pagine, quando il protagonista e io
narrante, Max Costa – già ragazzo dei bassifondi di Buenos Aires, poi
legionario nel Tercio spagnolo, poi avventuriero, ballerino mondano, ladro
gentiluomo alla Arsenio Lupin e tanto altro – esce di scena, alla grande, a 64
anni, lasciandosi tutto dietro e fischiettando L’uomo che sbancò Montecarlo… È un personaggio di quelli che Joseph
Conrad (di cui, non a caso, è l’epigrafe esergo del romanzo) definiva “uno di noi”. Uno, tanto per dire, capace, almeno una volta nella sua vita, di
mettere tutto ciò che aveva sul tappeto verde di un casinò e di tornare a casa
sul predellino di un tram, completamente in rovina, fischiettando proprio L’uomo che sbancò Montecarlo con
apparente indifferenza…
Il tango della vecchia guardia è un romanzo, a mio avviso, di grande forza narrativa
e di vera letteratura che suggerisco a tutti gli amici. “Per molto tempo – ha
spiegato l’autore – la letteratura era stata purtroppo sequestrata da una banda
di intellettuali snob che sostenevano che l’unico romanzo possibile fosse
quello in cui si diceva che non era possibile scrivere un romanzo. Si deve a
costoro se i lettori hanno disertato la lettura preferendole la televisione…”.
Nato a Cartagena nel 1951, Pérez-Reverte è stato per vent’anni uno dei migliori
reporter di guerra europei in Libano in Eritrea, alle Malvinas, in Nicaragua,
in Mozambico, in Romania, in Bosnia e in altre zone calde del pianeta. A un
certo punto, disgustato dalle guerre degli anni Novanta e dalla logica della politica,
ha smesso di fare il giornalista e si è buttato sulla sua antica e vera
passione: i libri e la letteratura d’avventura. Precisando: “Se un giorno la
mia casa dovesse andare a fuoco e io dovessi scegliere un libro da salvare, non
prenderei però né Don Chisciotte né La montagna incantata ma i mio libri a
fumetti di Tintin…”. Del resto qualcosa
ha sempre accomunato il giovane giornalista dei fumetti disegnato da Hergé con
l’ex reporter spagnolo – lo chiamavano “Rambito” – che è autore di alcuni dei
più letti best seller europei degli
ultimi vent’anni: Il Club Dumas (da
cui Polanski trasse il film La nona porta), La carta sferica, Le avventure del Capitano Alatriste, Il maestro di scherma, La tavola fiamminga…
Oggi,
a sessantadue anni, sostiene di preferire leggere libri di storia e soprattutto
i classici latini e greci, che trova terapeutici: “I classici sono un
analgesico, aiutano a sopportare il dolore. Anche questo si chiama invecchiare…” Di quest’ultimo romanzo, Il tango della vecchia guardia, da noi uscito ad agosto
per l’editore Rizzoli con la traduzione di Bruno Arpaia, c’è da dire che si
entra subito nell’incanto di pagine intrecciate a brani musicali, a ballate
romantiche e nere, a Vecchio Frac di
Modugno, al Bolero di Ravel, addirittura
alle canzoni di Rita Pavone e Gianni Morandi, sino al tango di Carlos Gardel… Pérez-Reverte
è in fondo anche questo: una capacità straordinaria di aprire come pochi
squarci affascinanti dell’immaginario, non solo letterario, dell’Ottocento e
del Novecento europei. Lo ammette lui stesso: “Nella mia biblioteca sterminata
ci sono più o meno trentamila libri. Per i libri perdo la testa, come una volta
anche per le donne, anche se ormai è acqua passata. E ci sono autori
fondamentali nel corso della vita, con alcuni continua c’è una magica sintonia.
Lord Jim di Conrad l’avrò letto
almeno quindici volte, e ogni volta che lo rileggo trovo delle cose nuove. Devo
molto a Dumas, Salgari, Verne…”.
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