lunedì 24 febbraio 2014

Altro che Sanremo, io mi sono goduto… la filosofia di Noodles



Lorenzo Randolfi

Sabato sera mentre su Rai1 Arisa vinceva l'ultima edizione di SanRemo, ho preferito guardarmi un vecchio film che andava in onda su un’altra rete: C’era una volta in America di Sergio Leone. Un film conosciutissimo e visto numerose volte, ma come resistere alla tentazione di rivedere, per l’ennesima volta, uno dei capolavori di Leone? Anzi il capolavoro: l'opera summa di tutta la sua produzione; non a caso il suo ultimo film , quello che racchiude il modo di sentire e di pensare di questo grande cineasta. Un film costatogli decenni di fatiche e ripensamenti, fino al 1984, anno di uscita. Proprio trenta anni fa. Sono quasi quattro ore di film, con attori come Robert De Niro, James Wood, Treat Williams, Joe Pesci e Elizabeth MacGovern, e musiche (inutile dirlo) di Ennio Morricone per raccontare l'epopea americana dei gangster e del proibizionismo. Certo se fosse tutto qui, se contasse solo la trama, sarebbe simile a tanti film sull'argomento; senza dubbio un ottimo film essendo di un grande artista come Sergio Leone. Cosa ha allora di speciale? Cosa lo eleva a opera cardine del cinema di questo autore? A mio avviso, il finale. Tante ore di film per arrivare, a notte fonda, a godersi pochi minuti di epilogo. Un epilogo che è il disvelamento non solo della trama ma di tutta la filosofia che dà sostanza alla produzione di Leone. Quasi che con quest'ultima opera avesse voluto lasciare il suo testamento ideologico, il suo Ecce Homo, per dirla con Friedrich Nietzsche, pensatore a lui caro. Intellettuale bello pesante, questo regista, lettore di libri altrettanto consistenti, dalla mitologia ai testi sacri orientali, da André Malraux a Louis-Ferdinand Céline. Molto più che il padre nobile dello spaghetti-western. Era un libertario, un anarchico, un individualista antiideologico, lontano da Bakunin e vicino semmai all'esistenzialismo del Bardamu di Viaggio al termine della notte, appunto. E per queste ragioni, discusso e disprezzato tanto dall’establishment culturale della sinistra marxista quanto dalla destra, conservatrice, liberale o cattolica. I suoi film sono tutti manifestazione di questa sua filosofia. O piuttosto dovremmo dire “prospettiva esistenziale”, essendo un intellettuale a-sistematico. Che si tratti di quelli con Clint Eastwood o di C'era una volta in America, la poetica era questa. L'ultimo, in particolare, è quello tra i film in cui si palesa di più tutto ciò. Specie, come dicevamo, nel finale. Noodles (De Niro), il protagonista, incontra per l'ultima volta dopo trent’anni il suo antico amico Max (James Wood), divenuto il Senatore Bayle. Il primo ha trascorso una vita ordinaria, grigia, fatta di alti e bassi. Il secondo, è riuscito a dare concretezza alle sue ambizioni giovanili: è ricco, potente, ha un'amante bellissima, Deborah, che poteva essere dell'altro. Il senatore Bayle è nei guai e per uscirne, chiede al suo amico fraterno di ucciderlo, dandogli la possibilità di vendicarsi del lungo inganno. Noodles rifiuta, non ha rancori verso l'altro. In quest'ultimo dialogo si confrontano due individui opposti, ma anche due tipi differenti di individualismo e di visioni di vita. Bayle è un vincente, un campione dell'individualismo borghese e materialista, del capitalismo insomma. È un criminale convertitosi al potere ufficiale, un uomo aggressivo e violento verso la vita; vuole piegarla al suo volere. Noodles, vestito con un vecchio cappotto di tweed, una sciarpa rossa di pessima lana e un cappello di feltro somiglia ad un pensionato qualsiasi, il quale sostiene che negli ultimi tren’tanni “è andato a letto presto”. È un antieroe, in fondo una persona comune; uno che si è accontentato di vivere come gli veniva meglio. La sua vita gli è piaciuta così come è andata... e tale la rivivrebbe. Il mondo non ha debiti con lui. Un individuo che dice sì alla vita. Niccianamente. Come disse di sé stesso, guarda caso, Céline “sono del partito della vita io”. E anche lui morì senza pentimenti. Il momento dell'incontro finale è intenso, profondo, i dialoghi semplici e sotto la delicata melodia di Yesterday di Paul McCartney. Azzeccatissima. Tutto sembra mitologico, fuori dal tempo, e Noodles è l'oracolo che svela la Verità. Un Buddha moderno (solleva il velo di maya). Alla fine l'antieroe riprende la sua strada attraverso il buio di una via di Long Island, stringendosi nel suo cappotto. Incredulo osserva un camion della spazzatura che tritura l'amico, e delle persone passano velocemente in auto, festeggiando al ritmo di God bless America. Il film si chiude in maniera circolare, con l'immagine di un giovane Noodles che si addormenta fumando oppio in una fumeria cinese. Un teatrino di ombre è lì vicino. Ha sognato tutto? È un ipotesi. Dopotutto la vita è sogno. Jack Kerouac direbbe: “Cos’è il cielo? Cos’è la terra? È tutto nella mente”.


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