Alberto Pezzini
Si intitola Resa dei conti
(Bompiani, pp. 300, euro 18,00) il giallo che lo scrittore Petros Markaris,
greco di Costantinopoli, di quelli nati a Istanbul, ha pubblicato ponendo fine
alla trilogia della crisi (Prestiti
scaduti e L’esattore). Questa volta il suo commissario Kostas Charitos si
trova catapultato in una Atene dove l’uscita dall’euro – nel 2014 – è
immaginata come l’unico strumento per cercare di scongiurare la disperazione
economica da cui Italia, Grecia e Spagna sono attanagliate. L’uscita dall’euro
diventa così il nuovo scenario praticabile per sopravvivere come stati. In quel
clima inaugurato con un Capodanno in cui le dracme tornano sulla scena per
quanto sommamente svalutate, cominciano però anche gli omicidi. Tre per
l’esattezza, tutti ex rivoluzionari del Politecnico. Sui loro corpi sempre lo
stesso messaggio, “Pane, Istruzione, Libertà”, che è poi il titolo originale
del libro, lo slogan cioè inneggiato dagli stessi studenti rivoltosi del
Politecnico al tempo dell’insurrezione contro il regime di ferro dei Colonnelli.
Petros Markaris è uno scrittore per caso. Il suo primo romanzo lo sforna
a cinquattotto anni, quando non ne può più di fare lo sceneggiatore per la tv.
Il giorno in cui gli arrivano a casa tre persone – la classica famiglia greca –
la sua prima tentazione è quella di mandarli via, al diavolo. Nel capofamiglia,
però, intravede in qualche modo un personaggio da libro. Uno che – tutte le
mattine, da quel momento – gli compare al mattino, nei pensieri dell’alba, per
martellargli la mente. Uno che lo tampina così – pensa Markaris – non può che
essere uno sbirro od un dentista. E in più – pensa ancora – è meglio scriverne,
così se ne andrà. Nasce così il commissario Charitos, con una moglie regina
della casa, Adriana, grande cuoca di pomodori ripieni – ma alla turca – ed una
figlia, Caterina,avvocato, la rivincita sociale di suo padre. Charitos è un
poliziotto simpatico, come tutti i personaggi positivi che si rispettino. Ama
leggere i dizionari, quando è a riposo. Il chè è davvero strano per uno sbirro,
ma ciò gli deriva dalla passione per la traduzione che Markaris svolge da
sempre, da lui ritenuta un’ottima palestra per uno scrittore in quanto lo
abitua a pensare in tante lingue diverse cogliendone le infinite sfumature,
tutte cangianti come le onde del mare. Gira poi in una 131 Mirafiori, il che lo
fa assomigliare ancora di più al nostro Montalbano, anch’egli sempre a bordo di
una Fiat scassata capace di lasciarlo per strada da un momento all’altro.
Quando la crisi economica ha cominciato a intravedersi all’orizzonte,
Markaris è stato uno dei primi scrittori ad antivederla. Per lui è diventata un
ottimo motivo intorno a cui scrivere, anche perché sapeva già che sarebbe
durata molto più a lungo delle previsioni. Così è nata la trilogia su un
movimento che ha infiacchito la Grecia, asciugandone tutte le energie vitali.
La stessa Atene – che per Markaris resta una delle città più cementificate del
pianeta – “era una metropoli dove tutti i turisti che vi giungevano
inorridivano per il traffico ed il rumore. Oggi è diventata opaca, vuota, ed
ogni sera sembra che vi cali sopra una specie di coprifuoco innaturale. Dopo le
nove non c’è più nessuno e ciò è davvero inusuale per Atene”.
“L’unica fortuna sono rimasti i giovani che – al venerdì ed al sabato –
sembra le restituiscano ancora un poco di quello scintillio che la
caratterizzava prima. Prima Atene era non la città più brutta del mondo ma
quella sicuramente più ricca di contraddizioni. Era la città delle parentesi,
perché in una landa di cemento armato potevi imbatterti – all’improvviso – in
un giardino sontuoso, quasi tropicale, che finiva alla svolta della via. Ciò
che la crisi ha portato via ad Atene è la sua gioia di vivere, quello slancio
vitale per cui tutti i turisti finivano per innamorarsene prima o poi
contraendone gli stessi vizi, i medesimi tic, come quello di starsene al sole
spaparanzati come gatti greci”. Nonostante la crisi Markaris continua a fare la
sua vita, anche se non nasconde che la crisi abbia colpito anche la sua
famiglia, come tutte in Grecia, fatta salva una minoranza sparutissima. “Per
questo continuo a fare collezione di dizionari, anche se ormai le versioni
digitali permettono di consultare montagne di lemmi molto più a buon mercato.
Lo continuo a fare perché amo tradurre ed arrivo a fare lo scrittore da lì,
dalle traduzioni”. La sua impresa maggiore resta la traduzione del Faust di Goethe che gli venne
commissionata un pomeriggio dal Direttore del Teatro. Gli telefonò e gli chiese
se fosse in piedi. Si, rispose Markaris. Allora è meglio che ti siedi e gli
propose la traduzione. Tanto lo fai una sola volta nella vita, gli disse
l’amico per addolcirgli la pillola. Markaris disse di si e “cadde nella
trappola”, ci confida, anche perché ars longa, vita brevis. Lo scenario
dell’uscita della Grecia e dell’Italia dall’euro è fantascienza per lei Signor
Markaris? “Mica tanto. L’ipotesi di lavoro è ancora sul tavolo. La partita
resta aperta”.
Nessun commento:
Posta un commento