venerdì 30 maggio 2014

Chi è violento con gli animali lo è anche con gli uomini




Francesco Pullia

Che ci sia una connessione tra la violenza sugli esseri umani e quella sui non umani è risaputo. Il punto è che la seconda non va combattuta ed eliminata in quanto tirocinio di quella compiuta sugli uomini, come sostenne Ovidio Publio Nasone, ma semplicemente perché tutti gli esseri senzienti devono essere incondizionatamente rispettati in quanto tali. Finché non si affermerà questo elementare principio si ricadrà sempre nell’antropocentrismo e si continuerà ad attribuire erroneamente all’uomo una centralità inesistente in natura e, pertanto, pretestuosa, artificiosa. Su questo aspetto si scontrano diverse visioni anche all’interno dello stesso antispecismo, cioè di quella corrente di pensiero (e non solo) che si prefigge di scardinare l’impianto antianimalista su cui si è retto nel corso dei secoli l’intero sistema culturale, sociale, economico che continua a condizionare le nostre vite.
C’è chi, infatuato da cascami ideologici, pretenderebbe ricondurre l’antispecismo all’alveo della lotta di classe, ricalcando pedissequamente lo schema marxista-leninista che condusse allo sfacelo le migliori intenzioni del Sessantotto. Secondo questo orientamento i comportamenti, le scelte individuali (come il vegetarianesimo e il veganismo, il non indossare indumenti derivati dallo sfruttamento animale, il curarsi in modo naturale, ecc.) sarebbero del tutto ininfluenti perché secondari in una prospettiva dichiaratamente comunista. Un déjà vu che ritorna a chi non ha la memoria corta. Si pensi, ad esempio, alla contestazione cui fu sottoposto Marcuse nel ’69 da parte di sedicenti “rivoluzionari" nel corso del suo ciclo di conferenze in Italia.
Su un altro versante, si ritiene, invece, che proprio a partire dal singolo si possa innescare un cambiamento su larga scala. La storia insegna, infatti, che le vere rivoluzioni, quelle che hanno lasciato concretamente un segno, sono nonviolente e partono dalla sfera individuale. Quelle costruite sulla "punta del fucile" sono, al contrario, destinate inevitabilmente allo scacco e sfociano sempre nel totalitarismo.
Un interessante contributo viene fornito da Annamaria Manzoni nel suo ultimo libro, Sulla cattiva strada, il legame tra la violenza sugli animali e quella sugli umani, edito da Sonda, una casa  meritoriamente distintasi con pubblicazioni utili alla formazione e alla diffusione di una consapevolezza ecosofica. La posizione dell’autrice è molto chiara: «Va ripensato il senso della solidarietà e rivalutata la forza dell'empatia». Non è più procrastinabile la fine della crudeltà umana sugli altri esseri. Bisogna ripartire dalla consapevolezza della nostra efferatezza, del male che commettiamo sui nostri fratelli e sulle nostre sorelle di altre specie per auspicare l'urgenza di un rivolgimento totale: «Se questo mondo è sbagliato, lasciarlo così com’è è sconsiderata, inaccettabile inerzia. Convivere con il dolore insensato delle vittime, ma anche con la crudeltà infettiva dei carnefici, non è destino ma colpa individuale». Ecco, quindi, il nodo centrale: il ruolo del singolo, la possibilità che abbiamo di modificare il presente e prefigurare un nuovo modello sociale. È nostro dovere ribellarci al protrarsi di questo stato di cose. Non è un caso che la Manzoni abbia come punti di riferimento filosofi come Capitini e Marcucci che, ispirandosi all'insegnamento di Tolstoj e Gandhi e rielaborandolo, hanno incentrato la loro riflessione sul paradigma di una trasformazione radicale della società che parta dal nostro intimo. Con dovizia di documentazione, ma senza, tuttavia, appesantire il testo, Annamaria Manzoni ci rende partecipi degli scenari terrificanti con cui, volenti o nolenti, coesistiamo. È la fotografia dell'orrore di cui l'uomo si è reso artefice nel suo aberrante percorso di dominazione e prevaricazione sulle altre specie. Ed ecco esseri ordinariamente, abitudinariamente, deturpati, seviziati, uccisi, smembrati con la scusa della centralità, di una centralità creata in modo fraudolento e assecondata, ad uso e consumo della nostra specie, da sistemi religiosi, filosofici, giuridici. Dalla caccia alle intollerabili vessazioni circensi, dai laboratori, in cui si attuano pratiche goebbelsiane per contrabbandare l'impostura della pseudoscienza, agli allevamenti intensivi dove, sin dai primi attimi di vita, si viene reificati sino alla soluzione finale del mattatoio da cui si uscirà dissezionati, impacchettati per soddisfare fameliche voluttà, è  tutto uno scorrimento di sangue.

Così, sostiene l'autrice e noi con lei, non si può continuare. Dovrà prodursi, prima o poi, un'inversione di tendenza, anche nella direzione di una decrescita demografica e di uno sviluppo la cui sostenibilità ed equità non debbano più rapportarsi all'uomo ma adeguarsi  alle esigenze di tutte le specie viventi. Non si può più rimandare ulteriormente una svolta. La scintilla è scoccata. Una nuova sensibilità si sta diffondendo, la sua portata è dirompente, la sua estensione inarrestabile. Il piedistallo su sui l'uomo fino ad oggi si è assestato sta per essere eroso.

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