Annalisa Terranova
Leggo dal libro di Alessandro Amorese, Fronte della Gioventù (ediz. Eclettica), il racconto del memorabile corteo del 16 novembre 1985 che segnò la rinascita della mobilitazione giovanile nell'area della destra. Il frutto di un paziente lavoro di ricostruzione, a Roma, di quel che restava di un ambiente devastato dagli anni di piombo. Un impegno in cui furono attivi nella Capitale Gianni Alemanno, Fabio Rampelli, Andrea Augello, Giulio Buffo. "C'è una data diventata simbolo: il 16 novembre 1985, manifestazione nazionale degli studenti del movimento dell'85, pullman da tutta Italia, fari puntati di tutti i mass media, il Pci che prova in tutti i modi a mettere il cappello sopra, quel che resta dell'Autonomia pronta a giocarsi tutto nel derby a sinistra. Il Fronte decide di esserci, non da solo, ma a fianco del corpo studentesco. Arriva a quell'appuntamento per scommessa ma anche forte di un rinato protagonismo, nelle occupazioni, nelle autogestioni... Ma come partecipare a quella manifestazione? Tante idee, passa la linea di un concentramento alternativo, per poi accodarsi al corteo ufficiale". Ricordo bene quella mattina. I cinquemila in piazza e anche l'arrivo degli studenti guidati da Fabio Rampelli, attesi con impazienza e con ansia. Ricordo persino la commozione nel vederli arrivare, così necessari per superare quella prova di piazza. Alemanno che sale su una macchina e dice: siamo tantissimi.
E' vero, come scrive Amorese, che l'assenza dei "Boia chi molla" e di saluti romani consentì l'unione simbolica, per alcuni minuti, al corteo ufficiale. Un evento che avrebbe dovuto segnare, nella mentalità e nell'atteggiamento, il superamento della logica antagonista e conflittuale verso il nemico comunista. E l'idea che le mobilitazioni studentesche si guardano senza ostilità, senza rompere l'unità generazionale con l'ascia dell'ideologia. Mi ricordo tutto. E mi chiedo come sia stato possibile, di recente, che quelle stesse persone, quegli stessi capi, quegli stessi ex militanti, abbiano potuto tollerare la demonizzazione di ogni corteo studentesco, ascoltare esponenti del Pdl invocare l'arresto preventivo per i più focosi, far chiudere in una piazza a Roma centinaia di studenti medi nel silenzio complice del sindaco Alemanno al fine di farli identificare tutti (e non si dica che non è vero perché ne sono stata diretta testimone), solidarizzare con la polizia che pestava manifestanti inermi, tacere dei lacrimogeni che cadevano dall'alto del ministero di via Arenula sugli studenti in corteo, trattare quegli stessi studenti come antagonisti pericolosi per il vivere civile, tollerare una Santanchè che mostra il dito medio ai manifestanti, e una Gelmini che dice loro di andare a studiare, e idolatrare come grandi intellettuali quelli che scrivono sui giornali di Berlusconi e "attaccano il ciuccio" presentando ogni mobilitazione studentesca come un'orda barbarica che sta per abbattersi sulla tranquilla società di chi pensa solo a lavorare, a sgomitare, a farsi gli affari suoi e sopportare lo stesso Berlusconi che alla festa di Azione giovani parla delle radici ideali opponendo la sacralità della proprietà privata alla rapacità comunista. E infine lasciare che la formazione delle nuove leve a destra venisse fagocitata dai nuovi riti di un estremismo ottuso. Come è stato possibile? C'è una risposta ovvia, una risposta scontata. Conveniva dimenticarsi tutto e assecondare coloro che avevano portato il polo escluso al potere. Ma io non mi rassegno ancora a ritenerla l'unica risposta possibile. E' troppo triste.
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