Poiché agli inizi di agosto è cominciata una mobilitazione (promossa da Fratelli d'Italia) per tutelare la testata del Secolo d'Italia, pubblichiamo la prima puntata della storia del giornale curata da Annalisa Terranova e Luciana Lanna e visibile sul gruppo Facebook "Il Secolo d'Italia:la storia".
Annalisa Terranova
Intanto rimettiamo le cose in ordine: il Secolo d’Italia
nasce nel 1952 intorno a un gruppo di reduci della Decima Mas vicini alla
sinistra missina, all’epoca guidata da Giorgio Almirante contro la segreteria
di Augusto De Marsanich. Che vuol dire sinistra missina? Quel gruppo era
antiamericano e contro l’adesione dell’Italia alla Nato, voleva la
socializzazione delle imprese e rifiutava l’etichetta di destra e l’alleanza
con i monarchici e i conservatori. Il primo direttore fu Bruno Spampanato, ex
capoufficio stampa della Decima Mas che aveva diretto durante la Rsi “Il
Messaggero” e poi “Il Piccolo” di
Trieste. All’inizio la testata si chiama solo Il Secolo: solo un mese dopo
viene aggiunto il “d’Italia” ripreso pari pari nello stile grafico da quello
disegnato dal pittore futurista Giorgio Muggiani per Il Popolo d’Italia.
All’inizio i redattori sono solo cinque tra cui l’esoterista Aniceto Del Massa,
amico personale di Julius Evola, di Ezra Pound e di Giovanni Papini, che curerà
la terza pagina fino al 1961. Il giornale aveva la sua sede in via Tomacelli
146, stessa location negli anni successivi de Il Manifesto, Mondoperaio e poi
della redazione romana del Corriere. Dunque via illustre del giornalismo
italiano. Al suo esordio Il Secolo era tanto poco il quotidiano ufficiale del
Msi che Pino Romualdi, d’accordo con Arturo Michelini, ne fonderà nel 1956 un altro, Il Popolo italiano, per agganciare
i lettori di destra (nel primo editoriale il quotidiano si presenta come il
vero giornale ufficiale del Msi in aperta polemica con Il Secolo) ma
l’esperimento ebbe vita breve. A partire dal 1965 Il Secolo è ufficiosamente il
quotidiano dei missini anche se nella testata c’è ancora scritto “quotidiano
indipendente”. Diventerà organo di partito solo nel 1972 con la nascita della
destra nazionale voluta da Giorgio Almirante.
Sulla terza pagina dunque scrissero anche Pound ed Evola,
portati a collaborare da Aniceto Del Massa. Quando io ero già redattrice del
giornale Ugo Franzolin, anche lui ex Decima Mas, ci raccontava che andava a
casa di Evola a ritirare gli articoli da pubblicare, con atteggiamento
reverente. Evola si raccomandava di non cambiare nulla. Franzolin ci disse: “In
ogni caso io non mi sarei permesso di fare tagli, visto che sul barone girava
pure voce che portasse jella…”. In ogni caso, dal suo racconto, si intuiva che
all’epoca Evola lo intimidiva, e parecchio. Franzolin, classe 1920, era molto
amabile con noi giovani redattori, ma per lo più passava i pomeriggi a
conversare con Aldo Giorleo, anche lui ex Rsi e direttore responsabile quando
io fui assunta, e a volte si facevano pure qualche cantatina “nostalgica”. Noi
sapevamo che a loro piaceva correggerci gli articoli: o meglio, Giorleo li
leggeva ad alta voce, Franzolin approvava e poi ci mettevano il voto… ed erano
sempre molto generosi (direi anche troppo). Detestavano gli anglicismi e
ridevano dello stile giornalistico che usa frasi fatte, piatte, uniformi, senza
individualizzare lo stile. “Ormai – sentenziavano – questi non sanno più la
grammatica”. Noi volevamo copiare la neolingua di “Repubblica”, ma se
scrivevamo “dichiarazione al vetriolo” o “fibrillazione”, Giorleo tirava i
fogli lontano dalla sua scrivania per far capire che non apprezzava. Franzolin
ci dava consigli: secondo lui per essere un bravo giornalista bisognava leggere
molta letteratura. “Hai mai letto Kafka?”, mi disse una volta. “Veramente no”,
risposi io. “Male, devi assolutamente leggerlo, come si fa a fare i giornalisti
se uno non ha letto Kafka o almeno Dostojevski?”. E io: “Franzolin, però io
Dostojevski l’ho letto”. “Brava, e leggi pure Kafka”.
Sulla terza pagina che un tempo fu curata da Aniceto Del
Massa esordii anch’io, giovane studentessa di Lettere, nel 1983, alla tenera
età di 21 anni, grazie a Gennaro Malgieri che mi chiese un articolo.
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