Di seguito una pagina tratta dall'interessante reportage capitolino di Filippo La Porta, "Roma è una bugia" (Laterza). Un libro pieno di fascino come la città di cui vuole svelare il segreto...
Filippo La Porta
"Roma assomiglia a un lungo crepuscolo artico che si tinge di infiammati colori barocchi, al chiarore artificiale di una una interminabile e dolcissima agonia recitata. Scrive Cristina Campo che Roma è tutto 'un crollo: di rovine, di palazzi, di nuvole gonfie', una città che ha fatto propria l'estetica del disastro, quella che Piranesi ha inciso come nessun altro mai. Qui sentite che la fine si avvicina e che pur tuttavia non viene mai, perché Roma più che città eterna mi appare eternamente terminale... Tutto ciò che arriva qui - idee, fedi, ideologie - finisce, diventa rovina e archeologia, si devitalizza poco a poco (Raffaele La Capria ha definito Roma 'Pantheon di idee defunte') e però non smette di finire. Da qui Roma trae la sua vitalità stregata e un po' guasta. Come una fine continuamente differita, un decesso probabile ma posticipato sine die. Una apocalisse continuamente rinviata, che non ci riguarda del tutto ma è ineludibile, e che potrebbe avere un contenuto paradossalmente salvifico. Una impermanenza che si trattiene ancora per un istante. Le idee defunte continuano la loro esistenza postuma e si mescolano a quelle ancora in vita. Quando Carlo Levi, appena arrivato a Roma nel dopoguerra, chiama l'idraulico per un guasto di poco conto, quello si affretta a commentare, rassegnato ma un po' compiaciuto: 'A dotto', qui bisogna sfascià tutto!'. Perché i romani sono attratti dal teatro della catastrofe, che li emoziona e rassicura. E anche da un'idea regressiva - la meridiana pennica - alla fin fine da quella non troppo dissimile, un'idea molto poco calvinista della felicità: assenza di tensioni e quiete estatica".
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