Francesco Pullia
Che ci sia una
connessione tra la violenza sugli esseri umani e quella sui non umani è
risaputo. Il punto è che la seconda non va combattuta ed eliminata in quanto tirocinio
di quella compiuta sugli uomini, come sostenne Ovidio Publio Nasone, ma
semplicemente perché tutti gli esseri senzienti devono essere incondizionatamente
rispettati in quanto tali. Finché non si affermerà questo elementare principio
si ricadrà sempre nell’antropocentrismo e si continuerà ad attribuire
erroneamente all’uomo una centralità inesistente in natura e, pertanto,
pretestuosa, artificiosa. Su questo aspetto si scontrano diverse visioni anche
all’interno dello stesso antispecismo, cioè di quella corrente di pensiero (e
non solo) che si prefigge di scardinare l’impianto antianimalista su cui si è
retto nel corso dei secoli l’intero sistema culturale, sociale, economico che
continua a condizionare le nostre vite.
C’è chi, infatuato da
cascami ideologici, pretenderebbe ricondurre l’antispecismo all’alveo della
lotta di classe, ricalcando pedissequamente lo schema marxista-leninista che
condusse allo sfacelo le migliori intenzioni del Sessantotto. Secondo questo
orientamento i comportamenti, le scelte individuali (come il vegetarianesimo e
il veganismo, il non indossare indumenti derivati dallo sfruttamento animale,
il curarsi in modo naturale, ecc.) sarebbero del tutto ininfluenti perché
secondari in una prospettiva dichiaratamente comunista. Un déjà vu che ritorna
a chi non ha la memoria corta. Si pensi, ad esempio, alla contestazione cui fu
sottoposto Marcuse nel ’69 da parte di sedicenti “rivoluzionari" nel corso
del suo ciclo di conferenze in Italia.
Su un altro versante,
si ritiene, invece, che proprio a partire dal singolo si possa innescare un
cambiamento su larga scala. La storia insegna, infatti, che le vere
rivoluzioni, quelle che hanno lasciato concretamente un segno, sono nonviolente
e partono dalla sfera individuale. Quelle costruite sulla "punta del
fucile" sono, al contrario, destinate inevitabilmente allo scacco e
sfociano sempre nel totalitarismo.
Un interessante
contributo viene fornito da Annamaria Manzoni nel suo ultimo libro, Sulla
cattiva strada, il legame tra la violenza sugli animali e quella sugli umani,
edito da Sonda, una casa meritoriamente
distintasi con pubblicazioni utili alla formazione e alla diffusione di una
consapevolezza ecosofica. La posizione dell’autrice è molto chiara: «Va
ripensato il senso della solidarietà e rivalutata la forza dell'empatia». Non è
più procrastinabile la fine della crudeltà umana sugli altri esseri. Bisogna
ripartire dalla consapevolezza della nostra efferatezza, del male che
commettiamo sui nostri fratelli e sulle nostre sorelle di altre specie per
auspicare l'urgenza di un rivolgimento totale: «Se questo mondo è sbagliato,
lasciarlo così com’è è sconsiderata, inaccettabile inerzia. Convivere con il
dolore insensato delle vittime, ma anche con la crudeltà infettiva dei
carnefici, non è destino ma colpa individuale». Ecco, quindi, il nodo centrale:
il ruolo del singolo, la possibilità che abbiamo di modificare il presente e
prefigurare un nuovo modello sociale. È nostro dovere ribellarci al protrarsi
di questo stato di cose. Non è un caso che la Manzoni abbia come punti di
riferimento filosofi come Capitini e Marcucci che, ispirandosi all'insegnamento
di Tolstoj e Gandhi e rielaborandolo, hanno incentrato la loro riflessione sul
paradigma di una trasformazione radicale della società che parta dal nostro
intimo. Con dovizia di documentazione, ma senza, tuttavia, appesantire il
testo, Annamaria Manzoni ci rende partecipi degli scenari terrificanti con cui,
volenti o nolenti, coesistiamo. È la fotografia dell'orrore di cui l'uomo si è
reso artefice nel suo aberrante percorso di dominazione e prevaricazione sulle
altre specie. Ed ecco esseri ordinariamente, abitudinariamente, deturpati,
seviziati, uccisi, smembrati con la scusa della centralità, di una centralità
creata in modo fraudolento e assecondata, ad uso e consumo della nostra specie,
da sistemi religiosi, filosofici, giuridici. Dalla caccia alle intollerabili
vessazioni circensi, dai laboratori, in cui si attuano pratiche goebbelsiane
per contrabbandare l'impostura della pseudoscienza, agli allevamenti intensivi
dove, sin dai primi attimi di vita, si viene reificati sino alla soluzione
finale del mattatoio da cui si uscirà dissezionati, impacchettati per
soddisfare fameliche voluttà, è tutto
uno scorrimento di sangue.
Così, sostiene
l'autrice e noi con lei, non si può continuare. Dovrà prodursi, prima o poi, un'inversione
di tendenza, anche nella direzione di una decrescita demografica e di uno
sviluppo la cui sostenibilità ed equità non debbano più rapportarsi all'uomo ma
adeguarsi alle esigenze di tutte le
specie viventi. Non si può più rimandare ulteriormente una svolta. La scintilla
è scoccata. Una nuova sensibilità si sta diffondendo, la sua portata è
dirompente, la sua estensione inarrestabile. Il piedistallo su sui l'uomo fino
ad oggi si è assestato sta per essere eroso.
Nessun commento:
Posta un commento