Annalisa Terranova
Nella sua storia del Fronte della Gioventù (ed. Eclettica) Alessandro Amorese si sofferma sui raduni della Contea che nella prima metà degli anni Ottanta costituirono la proiezione all'esterno del Fronte romano. Sono pagine accurate e che ho letto volentieri, per la mole di ricordi personali che portano con sé. Il primo raduno della Contea risale al 1982, alla Quercia del Tasso al Gianicolo. C'erano ragazzini cui dare motivazioni dopo la caccia alle streghe seguita alla strage di Bologna. Affiorarono temi come l'ecologia e il degrado dei quartieri. In quegli anni si lavora a un progetto importante: superare l'immagine stereotipata del neofascista chiuso in un ghetto di orgoglio e risentimento.
Nei raduni successivi si parlerà molto di Europa, tantissimo di scuola, saranno proiettati film, saranno lette poesie e ci saranno concerti (il modello dunque era e restava quello dei Campi Hobbit). Radio radicale trasmise in diretta il dibattito del quarto raduno (realizzato al Pincio, dal 4 al 5 ottobre del 1985). Tutto questo progetto fu supportato dalla rivista La Contea (il cui primo numero vide la luce esattamente nella primavera di trent'anni fa, era infatti il marzo del 1984). Le riunioni di redazione si facevano a casa di Andrea Augello. Marina Maugeri era la disegnatrice (memorabile la sua vignetta su Marco Tarchi illuminato-illuminista che passa il tempo a guardarsi nello specchio apparsa sul primo numero) ma scriveva anche lunghi e interessanti articoli sui beni culturali da tutelare (il tema della bellezza italiana come terreno identitario da coltivare non l'hanno inventato i politici del duemila...). Tony Augello pontificava fumando Marlboro, lui scriveva lunghi articoli sul Msi e su come sarebbe dovuto diventare il partito. Ma non lo chiamava il partito lo chiamava il Movimento (un linguaggio che ci rassicurava tutti). Daniele Milani si cimentava con la critica cinematografica. Vincenzo Fratta curava con pignoleria maniacale la parte grafica, gli abbonamenti, le spedizioni, faceva i titoli, cercava le foto. Faceva il proto e il caporedattore, in pratica. Isabella Rauti scriveva di temi femminili. A me toccavano gli approfondimenti culturali con cipiglio evoliano un po' troppo accentuato (articoli esagerati, insomma) per la qual cosa Tony mi aveva affibbiato il soprannome di Pica della Mirandola.
Nonostante il livello artigianale della rivista (che in ogni caso mise a segno alcuni colpi giornalistici notevoli per una testata sorretta più dall'entusiasmo che dalla professionalità: dialogare con Luciana Castellina, intervistare Venditti, Branduardi e Battiato, allacciare rapporti con Giampiero Mughini e Massimo Fini) La Contea arrivò anche nelle edicole, vendeva un migliaio di copie e aveva in tutta Italia duemila abbonati. Numeri piccoli, certo, ma che confrontati con quelli di altre testate d'ambiente appaiono più che rispettabili. La rivista gravitava nell'ambiente rautiano ma era mal vista, come ricorda Andrea Augello nella sua testimonianza sul libro di Amorese, dal gruppo storico della corrente. La guardavano con simpatia Silvano Moffa, Antonio Parlato e Paolo Agostinacchio oltre ai rautiani più giovani che in tutta Italia fecero de La Contea la loro bandiera.
Di recente ho ricordato quel periodo con Andrea Augello. Gli ho detto: ma perché partimmo col primo numero con l'attacco a Marco Tarchi, che bisogno c'era, che ci aveva fatto? E lui mi ha ricordato il motivo: la Nuova Destra attirava giovani energie verso la metapolitica, il Fronte ne aveva bisogno per la militanza attiva. Io ho detto: aveva ragione Tarchi, a conti fatti. Andrea ha detto: no, avevamo ragione noi. In ogni caso - ho aggiunto - sarebbe bello tornare a realizzare una rivista pensata da noi, senza condizionamenti, libera, provocatoria, insomma una rivista con un'anima (questa fu la definizione che diede de La Contea Giuseppe Tatarella). Andrea mi ha risposto: ma nessuno legge più niente, Annalisa. Eh... E se fosse questo il problema, il vero problema?
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