mercoledì 2 aprile 2014

Gabriella Ferri: la rabbia nel cuore col senso della bellezza e della tragedia



Luciano Lanna

«Ognuno ha tanta storia / tante facce nella memoria / tanto di tutto / tanto di niente / le parole di tanta gente / Tanto buio tanto colore / tanta noia tanto amore / tante sciocchezze / tante passioni / tanto silenzio / tante canzoni…». «Ognuno ha tanta storia»: lo cantava Gabriella Ferri nel 1973, e le stesse parole sono diventate, nel 2000, il titolo di un bel libro edito da Marsilio e firmato dallo scrittore Carlo Mazzantini. Lo stesso che, nel 2005, poco prima di morire, ricordava un episodio dei primi anni Settanta: «C’era anche la cantante Gabriella Ferri, allora giovane e attraente, che aveva debuttato al Bagaglino, per la quale lui aveva scritto quella canzone, Sempre, così carica di nostalgie che mi fece pensare: questa è un’altra canzone repubblichina». È come se Mazzantini si lasciasse andare all’immagine di un momento di felicità mentre la descrive in quello che è stato il suo libro di congedo, L’ultimo repubblichino (Marsilio, 2005). E il «lui» cui si riferisce è Mario Castellacci (1924-2002), brillante giornalista, autore teatrale, televisivo e cinematografico, ma soprattutto indimenticato protagonista della “via italiana al cabaret” rappresentata dal Bagaglino. L’episodio riferito vede i due ex ragazzi di Salò una sera a cena «davanti ad un paio di bottiglie di Dolcetto d’Alba» a parlare di quando erano giovani e di canzoni che hanno accompagnato la storia dolce e amara di anni nei quali «si poteva scegliere la parte sbagliata per nobili motivi e quella giusta per calcolo e opportunismo…». A Mazzantini Sempre ricordava, insomma, lo stesso spirito dell’autoironica Canzone strafottente (quella che fa «Le donne non ci vogliono più bene») il cui autore è lo stesso Castellacci, è viene definita «il nostro manifesto in versi, la sola canzone nata direttamente dalle nostre file, su frasi che volavano qua e là fra i nostri commilitoni…». E Sempre, interpretata dall’inconfondibile voce di Gabriella Ferri, evoca nello scrittore romano le stesse sensazioni della canzone di tanti anni prima, sensazioni forse difficili da spiegare: «Anche tu così presente / così solo nella mia mente / tu che sempre mi amerai / tu che giuri e giuro anch’io / anche tu amore mio / così certo e così bello / Anche tu diventerai come un vecchio ritornello / che nessuno canta più / come un vecchio ritornello».


Il disco a 45 giri Sempre, edito nel ’73 da I dischi dal Bagaglino, resta prima in hit parade per ben 18 settimane. Gabriella Ferri impazza alla radio e a luglio Rumor dà vita al suo quarto governo. È l’anno della strage di Primavalle, che rimarrà sciagurato simbolo dell’odio politico, e del colpo militare di Pinochet in Cile. Anche per distrarsi da questo clima, gli occhi della maggioranza degli italiani sono puntati sul varietà televisivo che ha per protagonista Gabriella Ferri – insieme a Enrico Montesano, Pippo Franco, Pino Caruso e Oreste Lionello – e che si intitola Dove sta Zazà (dal nome del brano napoletano del dopoguerra rilanciato in motivo di successo dalla stessa Ferri), di cui Sempre è anche la sigla finale. Ne basteranno quattro puntate, in quel lontano ’73, affinché l’artista romana si imponga al grande pubblico con il suo inconfondibile talento, una efficace quanto naturale impronta di capacità istrionica e spiccata personalità, doti spesso estranee alle pur avvenenti ma stereotipate soubrettes che prolifereranno in una televisione che vivrà di repliche, replicanti e veline senza più ritrovare, se non occasionalmente, la magia e la commozione di quegli anni. Non è un caso se, nel giugno del 2005, a poco più di un anno dalla morte di Gabriella Ferri, avvenuta per suicidio il 3 aprile 2004 (la famiglia, comunque, parlerà di incidente), Patty Pravo decide di aprire il suo tour estivo con un’anteprima cantando e dedicandole proprio la sua canzone più famosa, Sempre. D’altronde, era diverse eppure simili, la “ragazza del Piper” e la “ragazza del Bagaglino”: algida e distaccata la prima, almeno quanto scanzonata e guascona la seconda. Sia la Ferri che la Pravo si contenderanno l’appellativo di “Edith Piaf italiana”. Della cantante francese (1915-1963) di Non, je ne regrette rien, hanno entrambe l’anticonformismo e voci caratterizzate da mille sfumature, rauche e dolci al tempo stesso. Proprio in quell’occasione, Patty Pravo commenterà: «Gabriella Ferri è stata uccisa dal sistema. Un sistema che ti schiaccia se non sei considerata vincente o se si è scomodi. Non era una persona facile, ma i veri artisti andrebbero tutelati e non accantonati».


Nata e cresciuta nel rione romano di Testaccio, poi trasferitasi in via Etruria vicino a San Giovanni, Gabriella era figlia di Vittorio, un commerciante ambulante di dolci, ammiratore della canzone in dialetto romanesco. L’occasione la fece incontrare con Luisa De Santis (figlia del regista Giuseppe, l’autore di Riso amaro) e ne diviene molto amica: insieme danno vita a un duo, con il nome di Luisa e Gabriella, che cerca di riscoprire il repertorio folk romano. Iniziano così i primi spettacoli, basati sul repertorio tradizionale della canzone romanesca come Barcarolo romano e su popolari canti da osteria, come La società dei magnaccioni. Una sera, all’Intra’s Club di Milano vengono notate da Walter Guertler, che le mette sotto contratto e pubblica il loro primo 45 giri con la Jolly: proprio una rielaborazione de La società dei magnaccioni. 
Poi, per Gabriella Ferri, gli anni Settanta sono quelli dei successi, della televisione, dei concerti… Quindi momenti di difficoltà dovuti alla sua depressione. Le sue due ultime uscite artistiche di rilievo avvengono nel 1996 al Premio Tenco di Sanremo dove si esibisce con la Piccola Orchestra Avion Travel e nel luglio del 1997 con un concerto a Villa Celimontana a Roma davanti a 7mila spettatori (mentre se ne aspettavano solo un migliaio). Nel 1997 incide l’album, Ritorno al futuro, poi il ritiro definitivo dalle scene, anche a causa di ricadute nella grave depressione che la tormentava da anni. La sua affermazione in ambito internazionale era però avvenuta però con un album dal titolo Remedios (1974), titolo della canzone omonima contenuta nell’album, che vedeva Gabriella impegnata in brani senza età che facevano parte del patrimonio tradizionale dei paesi dell’America Latina, dalla Spagna a Cuba, al Messico e di ritorno all’Italia: Grazie alla vita (testo italiano proprio di Gabriella Ferri sulla musica della cilena Violeta Parra), La paloma, Cielito lindo


Il suo testamento spirituale è forse rintracciabile nella lunga raccolta di Canti DiVersi dove, tra ritmi jazz, tanghi e flamenchi, con un incedere interpretativo e voce struggente che ricorda da vicino Amália Rodrigues, interpreta canzoni sue e di autori celebri come Paolo Conte (nell’autoironica Vamp), Luigi Tenco (Lontano lontano), Ennio Morricone (Stornello dell’estate). Ma ancor più in brani come Una donna sbagliata, Sono partita di sera, È scesa ormai la sera. Nel 2007 un omaggio postumo: la sua canzone, Remedios, viene inserita nella colonna sonora del film Saturno contro di Ozpetek, e nell'album della colonna sonora del film.


Quel 3 aprile del 2004, dieci anni fa, alla notizia della sua morte, chi scrive era vicedirettore del quotidiano L’Indipendente, tornato nelle edicole da soli tre giorni. E telefonò subito a Pippo Franco chiedendogli gli ricordare l’amica scomparsa quella mattina. La bella lettera-editoriale, “Cara Gabriella”, è stata poi inserita da Pippo Franco nel suo libro autobiografico La morte non esiste (Piemme, pp. 180, euro 15,00). «Ho davanti a me – annotò lì l’attore – le foto del mio primo spettacolo con te, quando il Bagaglino era ancora una cantina da carbonari, quando il cabaret non si chiamava cabaret, quando eravamo capaci di esaltarci di fronte a un pubblico, allora non numeroso, che ci esaltava. Lo spettacolo si chiamava La pera è matura. Ma noi non eravamo ancora maturi per affrontare la superficialità di un mondo che sarebbe andato, via via, degradandosi per riconoscersi soltanto nei beni di consumo, che noi allora, malgrado le esigue finanze, non rincorrevamo di certo. La rabbia nel cuore, il senso della bellezza e della tragedia che avevi dentro e che hai espresso nelle tue canzoni traghettando nella nostra epoca una tradizione che, altrimenti, sarebbe andata perduta, non è più di questo tempo, fatto di quiz, di pubblicità e di grandi fratelli, che non ti è stato riconoscente…». Sì, la rabbia nel cuore con il senso della bellezza e della tragedia. Una delle immagini migliori per ricordare Gabriella Ferri.

1 commento:

  1. Straordinaria Gabriella! grande amica mia! un saluto dall´Argentina ti amo, un forte abbraccio a Pippo Franco, grandissimo attore e cantante per queste geniali parole
    Alberto Bassi albertobassi@way.com.ar

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