Annalisa Terranova
Merita un’attenzione
particolare il percorso espositivo Cinecittà si mostra che ripercorre le tappe della
storia di quella che è stata definita la “fabbrica dei sogni” con percorsi
guidati e strutture e set permanenti. Cinecittà aveva aperto per la prima volta
le porte al grande pubblico nel 2011, in occasione del suo 74esimo compleanno. L’iniziativa,
per quanto ancora poco pubblicizzata, sta dando i suoi frutti e potrà forse
risollevare in parte i destini di una struttura significativa della storia
culturale del Paese. All’ingresso il visitatore viene accolto dalle statue
usate per le ambientazioni e le scene di film famosi (tra cui quelle del Gladiatore), vi è poi una sezione
dedicata a Federico Fellini, una stanza della sceneggiatura, una ricostruzione
in videografica dei costumi di film storici, ed è infine possibile passeggiare
all’interno dei suggestivi set Roma Antica e Broadway, il primo scelto da Ligabue
per il videoclip del suo singolo “Per sempre” e il secondo utilizzato da Martin
Scorse per il film Gangs of New York.
Momento clou della visita è l’ingresso all’interno della sala comandi del
sottomarino ricostruito per il film U-571 di Jonathan Mostow.
Quest’anno la
mostra è divenuta permanente e si è arricchita della sezione “Perché Cinecittà”,
dedicata alla nascita degli Studios ricostruita attraverso immagini, video,
locandine che rimandano al periodo della fondazione e della prima straordinaria
crescita dal 1936 al 1945. Sedicimila metri quadrati di superficie destinati
dal regime fascista a diffondere nel mondo “la luce della civiltà di Roma” così
come recitava il manifesto pubblicitario degli stabilimenti di Cinecittà. L’inaugurazione,
nell’aprile del 1937, viene raccontata dai cronisti in modo aulico e con toni
retorici che a distanza di decenni fanno sorridere. Una grandinata infatti
accolse l’arrivo del Duce nella struttura ma, appena Mussolini mise piede nell’immenso
cantiere, tornò a splendere il sole. Così racconta l’episodio Alberto Consiglio
sulla rivista “Cinema”: “Sino a pochi istanti prima che il Duce entrasse nel
nuovo cantiere dove la fatica produttiva s’iniziava, scrosci violenti di
pioggia e di grandine sembrava volessero ricordare alla folla dei presenti le
bufere che si erano dovute attraversare. Ma all’arrivo del Capo ecco splendeva,
in un cielo purissimo, il più fulgido sole romano, quasi a benedire il lavoro
ardente degli uomini”.
Le attese così entusiasticamente
dipinte non furono deluse. Nel suo Cent’anni
di cinema italiano Gian Piero Brunetta fornisce alcune cifre significative che
vanno lette però tenendo presente che nel 1938 viene varata una legge
protezionistica che blocca la produzione straniera al fine di assecondare sul
piano interno quella che venne definita una vera e propria “baldoria produttiva”.
“Dal 1938 al 1940 – scrive Brunetta – gli incassi della produzione nazionale
passano dal 13 al 34%, ma già nel 1942 superano il 50% mentre quelli relativi
alla produzione americana, senza sparire del tutto, scendono dal 63% al 22. In proporzione
cresce il numero di film prodotti: nel 1938 sono 45, nel 1940 86, nel 1941 91 e
senza raggiungere l’obiettivo di 120, fissato nel 1942 dal ministro Pavolini,
nel momento più duro della guerra si sfiora quota cento con 96 documentari e
nel 1943 il numero di film realizzati è superiore alla sessantina”. Il cinema diviene
lo spettacolo per eccellenza e Cinecittà, soprattutto negli anni della guerra,
diviene il punto di confluenza di “innumerevoli fughe oniriche”. Che Mussolini
fosse il vero regista e motore di tutta la macchina dei sogni lo dimostra del resto
un episodio poco conosciuto e ciò l’incontro tra il Duce e la grande regista
tedesca Leni Riefenstahl alla quale Mussolini chiese di girare un film sulla
bonifica delle paludi pontine. Invito che venne cortesemente respinto dall’interessata
alle prese con le avances di Hitler e di Goebbels.
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