martedì 16 aprile 2013

Quegli sciocchi che non credono “al lupo” greco


Francesco De Palo


Un intenso profumo di Grecia sta, già da tempo, invadendo il nostro paese. Ma analisti superficiali, giornalisti compiacenti e politici dal fiato corto, hanno epitetato questi precisi segnali come il catastrofismo di chi non vuol bene all'Italia. Mancando clamorosamente di certificare, invece, che le sacche di sofferenza che stanno gridando in Italia tutto il proprio dolore hanno un nome, un cognome e delle cause determinate. Che, se ancora sottovalutate, così come la diligente politica biancarossaeverde sta facendo, ci porteranno dritti nelle mani di troika e memorandum.
Da ieri si sa ufficialmente che a breve l’Inps potrebbe non pagare le pensioni. Il presidente Mastrapasqua ha preso carta e penna per suonare ai ministri Grilli e Fornero l’allarme sui conti dell’istituto di previdenza. Il motivo?  L’accorpamento di Inpdap e Enpals sta pesando non poco sulla cassa, si aggiunga che il patrimonio netto può sostenere una perdita “per non oltre tre esercizi”, quindi fino al 2015. E dopo?
Già da un anno il carrello della spesa degli italiani ha subìto la mannaia in stile Grecia, con minor consumo di carne e pesce, sostituiti dai più economici pasta e pizza. In flessione anche le visite specialistiche, con almeno il 10% dei cittadini che scelgono le “file” bibliche alle Asl (gratuite) anziché i costosi ma più rapidi studi medici privati. Per non parlare del crollo della vendita delle auto e dell'impennata delle presenze alle mense per poveri. Una realtà del calibro di Emergency, come lo stesso presidente Gino Strada ha ammesso intervenendo a Otto e mezzo su La7, sta registrando una sempre maggiore presenza di italiani che chiedono assistenza. Il motivo? I licenziamenti di massa, la cassa integrazione che non basta, la catena commerciale che si è spezzata.
I fondi pensione in Grecia sono stati i primi agnelli sacrificali per ottenere le tranches di prestiti internazionali da Bce, Fmi e Ue con interessi elevatissimi, perseguendo quella teoria che sta distruggendo ciò che resta dell'euro secondo cui i debiti della voragine finanziaria ellenica (e da qualche mese anche cipriota) si debbono coprire con altri debiti. Che non risolvono a monte il problema, anzi che lo raddoppiano. E’ la linea seguita in queste settimane dal nuovo partito anti euro nato in Germania, “Alternativa per la Germania”, che non si pone tour court contro l'Ue o il continente unito per via di preconcetti ideologici. Tutt’altro. Nel suo comitato fondativo non ci sono grillini, veterocomunisti o rivoluzionari trozkisti. Bensì ci sono liberali, conservatori, economisti, docenti universitari, giornalisti e l'ex numero uno della Confindustria tedesca, convinti che per salvare la sopravvivenza dell'eurozona sia imprescindibile non salvare la moneta che sta trainando verso il baratro tutti gli stati membri.
Il dramma italico è racchiuso in questa sottovalutazione colposa del contagio ellenico che ha già investito i cugini ciprioti. Molti gli economisti che in questo biennio di default si sono affrettati a sottolineare come l'Italia non sia paragonabile all'Ellade per via di un tessuto imprenditoriale differente e diversificato, per via delle piccole e medie imprese che rappresentano il 90 per cento del pil industriale italiano, per via di una struttura “altra” nelle fondamenta del paese. Giusto, ma come sottacere i numeri della disoccupazione, i riverberi della riforma Fornero, i casi Ilva e Sulcis, gli imprenditori che iniziano a suicidarsi anche in Italia dopo i duemila morti in Grecia negli ultimi 24 mesi. L’auspicio è che l'elezione del nuovo Capo dello Stato rappresenti un vero e proprio spartiacque per la politica italiana, e che il giorno dopo inizia davvero a occuparsi di economia, ripresa e non solo di dirette streaming e di tagli in stile Imu e Tares.

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