giovedì 6 giugno 2013

Per capire le larghe intese e Berlusconi bisogna rileggere Orwell



Annalisa Terranova

Il politologo Piero Ignazi firma oggi un editoriale su “Repubblica” ("Il grande inganno della pacificazione") che merita attenzione. Egli commenta la frase pronunciata da Silvio Berlusconi: “è finita la guerra civile” e la riconduce, giustamente, all’ingannevole linguaggio neo-orwelliano con cui l’ex premier riesce a sintonizzarsi con la massa dei suoi elettori meno critici, a volte anche contagiando coloro che non lo voterebbero affatto. Ma ciò che colpisce ancor di più è che Ignazi – non a caso il primo studioso che ha dedicato alla storia del Msi una monografia accurata e ponderata – ricorda come la pacificazione fosse un cavallo di battaglia del movimento almirantiano “speso” in un senso molto diverso da quello che si percepisce dalla neolingua berlusconiana. Ed è sintomatico che sia uno studioso vicino alla sinistra a ricondurre nel giusto contesto spezzoni della storia di una destra che non sfugge a letture distorte per cercare di collegare il passato missino al presente berlusconiano. Nell’immaginario missino, dunque, “pacificazione” era davvero l’orizzonte in cui depositare l’odio e le violenze della guerra civile. Nel caso di Berlusconi, tutt’al più, significa ottenere un salvacondotto (giudiziario o politico non ha importanza) per consentirgli di curare i suoi interessi attraverso un manipolo di fedelissimi e attraverso il potere di veto e di ricatto che i voti presi gli attribuiscono. La “pace” infatti è solo una “tregua armata” che potrebbe saltare o il 19 giugno (sentenza della Consulta sul legittimo impedimento nel processo per i diritti Rai Mediaset che consentirebbe la prescrizione e la decadenza dell’interdizione dai pubblici uffici) o in occasione della sentenza sul “caso Ruby”.
Va notata anche l’estrema abilità del fronte berlusconiano nell’imbrigliare la sinistra in un immobilismo deleterio agitando temi come l’abolizione dell’Imu, la riforma presidenziale, la riforma della giustizia che vengono pomposamente elargiti all’opinione pubblica per allungare i tempi di ogni decisione e giungere alle date che davvero interessano il leader del Pdl, cioè quelle delle sentenze a suo carico. Un “gioco” che nuoce solo al Pd e che taglia fuori, per inesperienza e disorganizzazione, il Movimento 5 Stelle. Bisogna riconoscere che la tattica è ben congegnata, ma anche che con la pacificazione non c’entra nulla. Tutti sappiamo che dallo scontro berlusconismo-antiberlusconismo si esce solo con il pensionamento di Berlusconi. La parentesi montiana, anziché indebolirlo, gli ha consentito di porre le premesse per la trasformazione del Pdl in un partito guidato da un gruppo di pretoriani solo a lui fedeli dove il peso di altre componenti è inesistente (la creazione concordata di Fratelli d’Italia come partitino-satellite è funzionale, in fondo, a questa strategia). Nessuno potrà più mettersi di traverso perché nessuno ha più il peso sufficiente per contrastare il disegno della destra-non destra berlusconiana. E ciò non solo sul terreno politico-parlamentare. Anche sul piano della battaglia delle idee la destra-non destra può schierare un parterre di intellettuali e giornalisti (tra cui anche alcune firme della destra storica) ben inseriti nel circuito dei salotti televisivi che si prestano volentieri al gioco di costituire una dignità “estetica” al berlusconismo nella sua fase terminale ma non meno aggressiva. E del resto queste operazioni hanno facile gioco se dall’altra parte gli interlocutori sono Travaglio, Landini, Rodotà eccetera eccetera. Ma queste sono tutte cose note.

Tornando alla neo-lingua orwelliana denunciata da Piero Ignazi va notato, infine, che ciò che sta avvenendo nulla ha a che fare neanche con le “larghe intese”, generalmente nate sulla base di un’emergenza per riparare a guasti immediati o sulla base di un progetto di lungo termine per grandi riforme condivise. Il governo Letta nasce sulla base di un’emergenza, quella economica, ma non è chiaro quali sono gli obiettivi (l’unico finora raggiunto, cioè la fine della procedura d’infrazione per il deficit da parte dell’Ue è frutto innegabile del “rigore” di Monti e dei sacrifici fatti dagli italiani) o meglio è fin troppo chiaro: compromessi al ribasso su tutte le materie che “scottano” (a cominciare dalla legge elettorale) e fumose promesse sulle grandi riforme (con il proliferare di inutili commissioni). Un’agenda dettata dalla destra-non destra e “velata” dal linguaggio neo-orwelliano. Ma non è la fine della guerra civile, che per la politica più consapevole è avvenuta già nel 1989 con il crollo del Muro, è solo il solito pantano in cui la destra-non destra galleggia consolandosi con funambolici accostamenti tra il capo attuale e i duci del passato. E a proposito di Orwell, non sarà male ricordare cosa cantavano gli animali della Fattoria al loro capo: “Padre degli orfani! Fonte di gioia! Signor delle cibarie! Oh, qual consolazion prova l’alma mia grata quando tiepida guata l’occhio tuo calmo e fiero, come il sole nel cielo, o camerata Napoleon…/ Sì, tu sei prodigo d’ogni delizia: pancia piena ogni giorno e strame a profusion; ogni bestia creata se la dorme beata ché tutto tu concedi e a tutto tu provvedi, o camerata Napoleon…”.      

Nessun commento:

Posta un commento