Il 7 dicembre, "il fatto Quotidiano" ha pubblicato
un'ampia parte dell'intervista qui allegata al
politologo Marco Tarchi (dedicata ai recenti fatti di cronaca
politico-delinquenziale romani) con il leggiadro titolo (tra virgolette!)
"Tra noi camerati c'erano spostati e delinquenti".
Giustamente Tarchi ha
inviato al quotidiano una sua lettera di precisazioni, che riportiamo dopo il
testo dell’intervista, che intanto proponiamo:
Dice Carminati a Buzzi: “È la teoria
del mondo di mezzo, compà”. Mafia Capitale ci restituisce l’ultimo capitolo
della rivoluzione impossibile. Da camerata a compare. Come è stato possibile?
Non vedo
nessi fra le aspirazioni utopiche di un microcosmo come quello neofascista
degli anni Settanta-Ottanta e le squallide vicende odierne. Anche se
dall’esterno molti faticano ancora oggi a capirlo, quell’ambiente politico non
era, umanamente, agli antipodi di altri di diverso segno. Ci si trovava di
tutto: dagli idealisti ai carrieristi, dagli onesti ai delinquenti, dai
teppisti alla “gente d’ordine”. Io non ho mai giudicato, per dire, la sinistra
extraparlamentare dal destino di un certo numero di suoi militanti finiti in
pessimi giri. Certo, negli ambienti in odore di estremismo la proporzione di
spostati, ribelli e marginali è sempre maggiore, e le conseguenze si vedono.
Ma, anche se la battuta è scontata, non va fatto d’ogni erba un fascio.
Quando venne eletto, Alemanno fu
accolto dai saluti romani al Campidoglio. È finita con un sistema rossonero
dominato dall’affarismo e tante suggestioni da romanzo criminale.
A me, ma
anche a non pochi amici provenienti dall’esperienza missina, quello spettacolo
capitolino apparve patetico e ridicolo nel contempo. E indicativo della mancata
risoluzione del nodo cruciale dell’identità che aveva accompagnato Alleanza
nazionale in tutta la sua storia: mentre Fini esibiva la sua più o meno sincera
conversione liberale, i ventenni di base continuavano a celebrare grotteschi
riti nostalgici. Era il trionfo della linea della doppiezza, utile a conservare
un potenziale di ricatto verso gli alleati, e nel contempo il sigillo della
nullità propositiva di una classe dirigente che non aveva saputo imboccare la
via di un’evoluzione coerente e meditata. In mancanza di quella, non restava
che l’abbuffata del sottogoverno, con tutte le sue conseguenze.
In questo caso non è la politica che
controlla il sistema ma il contrario. Burattini, non burattinai. Si ribalta il
complesso di Mosè tra capo e militanti?
Da quando si
è iniziato a celebrare il funerale delle grandi aspirazioni a cambiare il
mondo, delle ideologie, dei progetti – magari ingenui – di rifondare da capo a
piedi una società, è apparso chiaro che la politica si sarebbe ridotta, per chi
intendeva praticarla a tempo pieno, a carrierismo. E in un contesto in cui è
l’economia a segnare l’orizzonte dei valori e delle aspirazioni e
l’arricchimento è il metro della considerazione sociale, non ci si può stupire
se molti “politici di professione” non sono altro che arrampicatori
spregiudicati, disposti a qualunque compromesso (per essere eufemisti). Il
mondo già neofascista non ha fatto eccezione. Ma da qui ad equipararne tutti i
militanti a reali o potenziali delinquenti, ce ne corre.
L’amministrazione Alemanno è sempre
stata al centro delle polemiche per i rapporti con l’antico mondo nero, dai Nar
a Terza Posizione per arrivare alla più recente Forza Nuova. Secondo lei, l’ex
sindaco aveva un patto d’onore con i vecchi camerati?
L’onore è
una parola forte. Penso che, volendo costruire una rete di sostegno dopo essere
giunti a un successo inatteso, sia più facile e comodo puntare sulle vecchie
conoscenze che partire da zero guardando ad altri ambienti. Anche se Alemanno,
come è noto, soprattutto attraverso la sua fondazione Nuova Italia, ha cercato
addentellati anche negli ambienti cattolico-conservatori. Credo che abbia
contato anche, in certi contatti pericolosi e sgradevoli, la sindrome degli ex
reclusi nel ghetto, che ha sempre connotato il neofascismo romano. Dove vigeva
la mentalità del “siamo tutti camerati” (un po’ l’equivalente del “compagni che
sbagliano”), che era bersaglio delle critiche di quanti avevano ben presenti le
distanze tra Msi ed extraparlamentarismo e ci teneva a rimarcarle.
Alemanno è stato rautiano, come lei.
Un mondo contrapposto al doppiopetto di Almirante. In ogni caso la Seconda
Repubblica ha sancito il fallimento di entrambe le due maggiori correnti
storiche del Msi. Fini è naufragato a Montecarlo, Alemanno su Carminati.
Sulla
corrente di Rauti si è molto favoleggiato e travisato, sebbene uno studioso
nettamente schierato a sinistra come Piero Ignazi fin dalla fine degli anni
Ottanta ne abbia disegnato un profilo corretto, dipingendola come l’ambiente
interno al neofascismo in cui più si era attenti al dibattito culturale, si
accettava il confronto con la modernità e si demolivano gli stereotipi
nostalgici. Quel che non si dice è che da quell’ambiente non sono usciti solo
gli Alemanno e altri mestieranti della politica, ma anche accademici, dirigenti
di vertice di associazioni ambientaliste “ufficiali”, managers che sono finiti
sulle prime pagine dei maggiori quotidiani per le loro qualità inventive,
personaggi di successo del mondo della informazione e dello spettacolo,
funzionari statali di grado elevato, membri del Csm e perfino un giudice della
Corte costituzionale. Tutto questo non risulta – e non risalta – perché, nel
loro caso, non si è costituita alcuna lobby
come quella accreditata agli ex di Lotta Continua. Sono stati tutti percorsi
individuali indipendenti. Ma sta a dimostrare che non si trattava certo di
un’accolita di sprovveduti estremisti con velleità golpiste o insurrezionali.
Lei che ha inventato la Voce della
Fogna si sarebbe mai aspettato questa trasfigurazione criminale della Terra di
mezzo tolkeniana?
No davvero.
Quel giornaletto politico-satirico era nato, prima ancora che per replicare
agli avversari, per fare autocritica dei tanti insopportabili vizi che
affliggevano il neofascismo, e non a caso fu proprio su quelle colonne che si
tentò di far trasmigrare l’immaginario collettivo di quell’ambiente dal
Ventennio alla Contea tolkieniana. Spero comunque che fra il “mondo di mezzo”
di cui si parla in questi giorni e la Middle
Earth di Bilbo, Frodo e soci non ci sia altro che una vaga assonanza
linguistica.
Un’altra frase di Carminati, prima
spontaneista armato, poi in contatto della banda della Magliana, che colpisce è
questa: “Bisogna vendersi come le puttane, adesso”. Il fascino del male
(assoluto) è sempre corrotto dal denaro. È Sauron che riesce a riprendersi
l’anello del potere?
Volerei
molto più basso. È una delle tante prove che la passione politica non preserva
dalle miserie antropologiche. Tutt’altro.
È mai esistita, a questo punto, una
diversità nera, tenendo presente anche i rapporti storici tra ambienti di
destra e massoneria e servizi deviati?
Per certi
versi sì, perché quell’ambiente ha sempre celebrato propri culti, innalzato
propri idoli, coltivato propri sogni che non coincidevano con quelli del mondo
che gli era estraneo (e a cui era estraneo). Per altri no, perché nei vizi
molto spesso comunicano ambienti e individui che per il resto sono molto
diversi. È una regola che non vale solo per l’ambito politico.
Lei spiegò così la Voce della Fogna:
“Tutto fuori puzza. Il profumo si è rifugiato nelle fogne”. Quarant’anni dopo
quel mondo è solo gestionismo del potere, solo soldi e opportunismo?
Quell’affermazione,
che prendeva di mira lo slogan “fascisti carogne, tornate nelle fogne” e mirava
a considerare queste metaforiche ridotte come le nuove catacombe da cui sarebbe
partita una riscossa culturale ed esistenziale, era indubbiamente spropositata
e oggi può sembrare insensata. Ma se i giovani missini di allora avessero
accolto quel messaggio, invece di farsi abbindolare dai proclami ondivaghi e
talvolta ipocriti dei loro maggiorenti, parecchie pagine oscure non sarebbero
state scritte.
C’è uno specifico romano in questa
vicenda? In fondo anche il fascismo una volta al potere si rammollì nei palazzi
della capitale, come per esempio ha scritto Fusco.
Altroché se
c’è! Ai tempi de “La voce della fogna”, si parlava apertamente di “cloaca
romana” per descrivere i maneggi, gli intrecci sgradevoli e il pressapochismo
che caratterizzavano buona parte (c’erano, ovviamente, eccezioni lodevoli) del
panorama missino della Capitale. Ma era roba da niente rispetto alle porcherie
odierne.
Che impressione le fa il nuovo
termine fasciomafioso?
Come molti
neologismi dei nostri anni, mi pare buono per attirare l’attenzione, molto meno
per capire ciò che vorrebbe descrivere. Perché questa associazione
delinquenziale, a quanto pare, di addentellati politici ne aveva di vari
colori: rossi, neri, bianchi…
P:S:
Ecco
gli appunti di Tarchi soprattutto sul titolo e sull’incipit dell’intervista, lì
dove si legge: "A destra, il politologo Marco Tarchi, che insegna alla
"Cesare Alfieri" di Firenze, è un'istituzione".
Questa
le lettera inviata al quotidiano: “Ho letto. Insegnando comunicazione politica
da quindici anni, non fingo stupore sul titolo - che, lo so, non dipende
dall'intervistatore -, che al giornale serve, anche con i falsi virgolettati
come in questo caso, per accreditare la propria versione dei fatti a
prescindere da ciò che sostiene l'intervistato. Mi stupisce invece di essere
considerato da Lei "un'istituzione a destra". Per la verità, a destra
da vari decenni mi censurano, mi attaccano, mi discriminano. Se non avessi
avuto interlocutori in altre aree, e soprattutto nel mondo scientifico, di
occasioni di espressione ne avrei avute, più che poche, "punte", come
dicono i fiorentini veri (io, ohimè, sono... reimmigrato da Milano a 16 anni).
Avendo io espresso il mio ultimo voto a destra (Msi) nel 1979, e non
considerandomi minimamente appartenente a quell'area malgrado gli sforzi altrui
di infilarmici a forza, non posso dolermene più di tanto. Ma che ora debba
scoprire, invece, di essere "un'istituzione" di quell'ambiente, mi
sorprende non poco. Temo proprio che gli stereotipi siano duri a morire.
Durissimi, direi. Vuol dire che mi consolerò pensando che un ex redattore de
"La voce della fogna" è stato nominato alla Corte costituzionale da
Napolitano. Chi l'avrebbe mai immaginato...”
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