Luciano Lanna
Ancora una volta Antonello
Venditti si mostra come un cantautore davvero libero da schemi e automatismi,
in piena sintonia con i nostri tempi di rottura dei vecchi sensi di
appartenenza. Intervistato da Mario Ajello sul Messaggero alla domanda se lui si considera di sinistra (o di
altro) sbotta: “Io non mi pongo questo problema e non me lo ponevo neanche
prima. La parola ‘compagno’ non mi ha mai entusiasmato. Io sono Antonello,
ragiono con la mia testa e mi schiero per le cose giuste in cui credo…”. E
anche quando il giornalista gli chiede se Matteo Renzi è di sinistra, risponde:
“Ma perché lei si fa questa domanda? Io a questo interrogativo, posto così, non
posso rispondere…”. Alla fine arriva l’unica definizione che riguarda sé stesso: “Il
mio cuore è ribelle”.
Proseguendo, Venditti
spiega che a lui non interessano le etichette ma la possibilità di creare condizioni
per cambiare le cose. E via con le “occasioni perdute” in Italia, a partire da
quel ’68 in cui “Nietzsche e Marx si davano la mano”. Una grande occasione per
cambiare l’Italia e il quadro politico, dice Venditti, la si è perduta “nel
2010, prima che cadesse il governo Berlusconi…”. Ovvio il riferimento ai
parlamentari che avevano “strappato” con l’allora premier e avrebbero potuto
determinare un’altra maggioranza e una nuova sintesi… “Poi, nel 2013, dopo le
elezioni – prosegue Venditti – se Bersani e il Movimento 5 Stelle, soprattutto
quest’ultimo, avessero parlato seriamente, si poteva anche allora cambiare il
nostro Paese”. Insomma, abbiamo perduto ben due occasioni. E adesso? “Dopo
questi passaggi, l’Italia non aveva alternativa. C’era soltanto Renzi. Gli
altri sono stati non soltanto lenti ma inconcludenti. Adesso la speranza è che
in il Movimento 5 Stelle, composto in realtà da tante anime e da tante
posizioni, sia capace di entrare in un discorso costruttivo, se fosse possibile”.
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